giovedì 14 gennaio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/312: dove la poesia è un gatto davanti al fuoco e la sociologia un giro di valzer con il passato

 



Avvertenza per le lettrici e i lettori: questa Cronaca risente delle troppe ore passate a guardare vecchi programmi televisivi su Youtube, programmi che non ho visto ai loro tempi, ma che cerco oggi per dare corpo, volto e suono ai ricordi.

Quando ero molto giovane ero affascinata dalla pubblicità, vi ricordate la Notte dei Pubblivori al cinema Orfeo? Era un vero spasso, micro storie belle da vedere, musica interessante, uno sguardo sul mondo attraverso gli stili di consumo, sguardo che, essendo Internet ben lontano dall’essere creato, affiancava il cinema, la televisione e i libri.

Adesso se c’è una cosa che non sopporto è la pubblicità, tutte le smancerie legate alla privacy e ai cookies sono leziose e false, così che da anni ho deciso di non comprare prodotti che mi balzano sullo schermo con un pop-up e di sfogliare a velocità doppia le riviste cartacee, ho molto abbonamenti in corso nonostante mi sia convertita al digitale per parecchie fonti d’informazione, sono stanca di vedere modelle emaciate e modelli tristi, luoghi che non visiterò se non in sogno, vestiti che non indosserei neanche se me li regalassero. Le pubblicità che mi fanno proprio arrabbiare sono quelle delle automobili: pubblicitari?! Ma dove pensate che possiamo andare di questi tempi? Chi ha i soldi per comprarsi un’auto da ventimila euro? E soprattutto: che ce ne facciamo di un’auto che deve restare parcheggiata per non si sa quanto tempo ancora? Ciò premesso devo anche confessare che adoro guidare l’automobile, che ho preso la patente a diciotto anni e che in quinta superiore i miei genitori mi hanno regalato la mia prima auto: una 850 FIAT Special bianca con gli interni rossi di pelle e il volante di legno, forse ne ho già scritto in un’altra Cronaca; guidare l’auto per la mia generazione è stato simbolo di libertà e in auto ho scorrazzato per l’Europa e anche per la costa orientale degli USA. Sono, dunque, una contraddizione,  un perfetto esempio vivente di anti-consumista che ben vive in una civiltà tutta basata sul consumo.

La pandemia ci ha però mostrato che la maggior parte dei nostri consumi non sono né utili né necessari al nostro quotidiano avanzare nel tempo, i nostri consumi sono funzionali agli stili di vita che il capitalismo avanzato e la società di massa ci consentono e ci spingono ad adottare. Vestiti, scarpe, borse, cosmetici sono legati alla vita sociale: ufficio, bistrot, apericene, ristoranti, cinema e teatri.

Non avendo accesso causa virus a nessuna di queste forme di socialità, i bisogni crollano e gli oggetti invecchiano negli armadi, ma poi tornano di moda.

Tra l’inizio del Ventesimo secolo e questo primo ventennio del Ventunesimo sono state create, provate, consumate ed esaurite tutte le possibili forme di abbigliamento per gli esseri umani. Ora siamo dunque in una fase di ripetizione, dove siamo incantati dagli anni Cinquanta e Sessanta, sia per quanto riguarda la moda che il design, gli arredi e le architetture. Mi commuovo quando riconosco le esili gambe di sedie e poltrone che avevano anche i mobili nelle case d’infanzia e il velluto carta da zucchero per le imbottiture delle poltrone e dei divani, il verde veronese, un po’ più tenue, e l’avorio per i mobili della cucina, l’acciaio cromato e scintillante che faceva pensare al futuro.

Gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, quelli della mia inconsapevole gioventù, fatti di capelli cotonati e abiti strutturati con spalline imbottite non mi piacciono. Mi incanto, invece, quando vedo i pantaloni a zampa d’elefante, i capelli afro, gli zatteroni e gli zoccoli, i colori e i fiori tipici degli anni Settanta. Se avete bisogno di rinfrescare la memoria andate su Youtube a cercare spezzoni del film Hair. Ho adorato la moda hippie, la musica di quel decennio e la libertà che quello stile di vita lasciava presagire. Ma poi sono arrivati gli ultimi decenni del secolo breve e Internet, i telefoni cellulari hanno fatto irruzione nelle nostre vite.

Il resto è storia recente, non solo cronaca. Anche questi giorni difficili e cupi diventeranno storia nel giro di poco, la maggior parte sono destinati a essere inghiottiti dall’ordine del Tempo e questo è un bene. Non si può vivere con la zavorra del passato sulla schiena come uno zaino sempre più pieno, giorno dopo giorno.

La nostra storia la stiamo vivendo, ai posteri, come sempre, il compito di scriverla, ai noi il compito di lasciare tracce intellegibili in questo livello di realtà.

Oggi è giovedì 14 gennaio del secondo anno senza Carnevale e questa è la Cronaca 312; la poesia sonnecchia coi gatti davanti al fuoco e lascia che la sociologia faccia i suoi giri di valzer tra i libri e la memoria.

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