giovedì 26 marzo 2020

Cronache dall'Anno senza Carnevale/18: un esame di maturità per il Novecento che scompare

Questa mattina avevo in mente di proseguire sulla falsariga delle due cronache precedenti ma, di tanto in tanto, lo spirito socio-antropologico che anima una parte importante di me, si impone sulla materia della scrittura e così stasera devio in alcune considerazioni alle quali sto cercando di dare un ordine.

Queste sono le notizie di questi ultimi giorni: l’emergenza non è finita e non abbiamo raggiunto il picco del contagio, non ancora. L’OMS dice che in Italia sarà la settimana prossima, a Londra temono il collasso delle strutture sanitarie, il sindaco di New York teme che metà della popolazione si infetterà, la Cina ha chiuso tutte le frontiere, la Russia chiude tutto per almeno una settimana, in Africa è caccia agli untori bianchi, a Madrid usano un campo di pattinaggio sul ghiaccio perché non c’è più posto negli obitori.

Il governatore della Lombardia è pessimista, quello del Veneto molto attivo, quello dell’Emilia Romagna lavora in silenzio, uno studio dell’Università di Harvard parla degli effetti del distanziamento sociale nella psiche degli italiani.

Alcuni adolescenti raccontano le loro vite, tutte molto simili tra loro, dove la didattica a distanza è il principio ordinatore di ogni giornata, insieme ai compiti, ai videogiochi, alle chat con gli amici e a quel poco di attività sportiva cui riescono a dedicarsi. I bambini sono scomparsi dal discorso pubblico e sono il tarlo dei genitori che non sono abituati di certo a interagire 24 ore al giorno in una situazione d’emergenza dove non è come in vacanza, dove mare, spiaggia, piscine e campi gioco li tengono impegnati buona parte della giornata. La giornalista e scrittrice Concita De Gregorio, scrive un dolente articolo sulla situazione degli anziani, soprattutto nelle case di riposo, che sono “il migliore prezzo della nostra assenza”, la causa, non lo dice ma si evince, di queste centinaia e centinaia di morti dolorose e solitarie. Nadia Fusini, studiosa di Virginia Woolf e scrittrice, rivendica la propria obbedienza all’autorità in virtù di un’etica condivisa, ma se la prende con chi esalta i benefici dell’isolamento e la scoperta della lettura e rivendica, di nuovo, il suo essere già una lettrice. Alessandro Baricco, scrittore e giornalista, invita gli intellettuali a passare all’audacia ed elenca, in 11 punti, la sua analisi del prima, durante e dopo di questa emergenza sanitaria.

Il tempo di prima sta assumendo già una dimensione mitica, il durante lo conosciamo perché nel mondo occidentale, qualunque adulto che abbia un lavoro, sta facendo i conti con la paura di perderlo, le tasse da pagare, la paura di non avere abbastanza denaro per arrivare alla fine del mese. Il dopo è un’immensa voragine arginata da date improbabili che si spostano ogni giorno più in là e non sarà certo il 3 aprile a decretare la fine di quanto sta accadendo. Probabilmente neanche maggio e giugno. Tant’è che il Ministro dell’Istruzione sta lavorando a scenari diversi per l’organizzazione degli esami di maturità. Con o senza commissari e presidente esterno? Con o senza le due o tre prove scritte?

Queste riflessioni su come si chiuderà l’anno scolastico le condivido con famiglia, con amiche e amici perché in molti hanno una ragazza o un ragazzo che si stanno preparando per il primo e unico rito di passaggio che è rimasto in questa società secolarizzata. Giusto oggi, la mia amica Rossana mi raccontava che suo padre Camillo non poté sostenere gli esami di maturità durante la Seconda Guerra Mondiale perché il suo liceo venne distrutto dai bombardamenti e lui si dispiacque per questo, ma anche perché era molto bravo in matematica e in fisica e avrebbe voluto sostenere gli esami.

Il senso dello studio e dell’impegno dei giovani sono stati continuamente mortificati in questi decenni a cavallo tra un secolo morente, il Ventesimo, e uno non ancora nato, il Ventunesimo.

Uno non vale uno, le competenze, acquisite con lo studio forsennato, sono una, e sottolineo una condizione, per acquisire autorevolezza. La scuola inginocchiata davanti ai dettati delle aziende ha svilito gli studi umanistici a favore nemmeno di quelli scientifici ma a beneficio della sola tecnologia, che ha reso il mondo globalizzato quello che conosciamo. Quello che è stato sino all’inizio dell’anno senza Carnevale.

Con la morte tragica di coloro che appartengono all’ultima generazione che ha vissuto in prima persona la Seconda Guerra Mondiale - mia madre scomparsa in gennaio prima dell’inizio della pandemia, sobbalzava quando sentivo parlare in tedesco e aveva paura dei cani-lupo perché li aveva visti circolare nel suo paesello in Puglia quando era bambina e non si fidava – muore il Novecento e non avrà prove di appello o seconde possibilità.

Noi baby-boomer, la generazione più fortunata della storia dovremo accettare il vuoto dietro di noi e il mondo che verrà e cui noi non apparterremo ma di cui dobbiamo assumerci la responsabilità.

La pandemia ha accelerato la diffusione dello smart working e della didattica digitale. Non credo che si potrà prescindere da queste esperienze che faranno scuola nell'organizzazione aziendale e in quella educativa e scolastica. La centralità dello Stato nazionale è un’altra delle sorprese che ci arrivano da questa situazione. È la sanità pubblica e gratuita che sta garantendo al più alto numero di persone di poter guarire dal contagio. 

La tecnologia sta offrendo alla luce il suo volto buono in questi campi ma, al contempo, quello orwelliano delle app che possono controllare gli spostamenti dei cittadini. Parimenti auspico che tutte queste belle app potranno aiutare efficacemente le istituzioni preposte a scovare le decine di migliaia di evasori ed elusori fiscali che vivono sulle spalle dei lavoratori dipendenti, dei pensionati e dei precari.

La deregolamentazione del mercato del lavoro con l’introduzione di contratti para-subordinati, a progetto e co.co.co non è un’invenzione della destra. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e, dovrebbe esserlo aggiungo io, anche sul pagamento delle tasse. Ma lo scardinamento dei contratti in nomi di efficienza, produttività e velocità ha solo favorito le aziende e gli imprenditori, non i giovani lavoratori e non le casse pubbliche che da un lato sostengono le agevolazioni fiscali e dall'altro i minori introiti dovuti a retribuzioni che sono, spesso, vergognose. Come avrebbero potuto le generazioni successive ai boomer amare il lavoro, credere nei sindacati, quando è la nostra generazione che ha contribuito a distruggere, in varie modalità, la centralità del lavoro?
Certo stiamo pagando un prezzo alto, non ci lasciano andare in pensione, perché le aspettative di vita e la vita media si erano allungati moltissimo soprattutto in Italia. Ma i nostri gloriosi anziani, che ora stiamo perdendo, sono cresciuti respirando aria diversa, mangiando cibi diversi, bevendo acqua diversa e le statistiche riguardano loro, non noi.

Noi, la generazione più fortunata di tutti i tempi, stiamo affrontando la nostra prova di maturità generazionale. I commissari sono tutti interni, perché sono in noi, nella nostra capacità di resistere e di ricominciare, di portarci Anchise sulle spalle e di lasciar scorrazzare Ascanio perché possa costruire insieme a Kore che sta sorgendo dagli Inferi, un mondo nuovo, un mondo diverso.

È notte ormai, è solo notte, ma io scrivo nel mio triangolo di luce e ti parlo perché dall'altro lato della città, tu possa raccogliere queste mie riflessioni senza pretese, scarne e forse imprecise ma che avevo l’urgenza di dire.

1 commento:

Camilla Miglio ha detto...

Grazie Elena. Ti leggiamo da questa clausura romana.
Hai ragione, dobbiamo fare un salto di consapevolezza e responsabilità, per bambini che vengono e per i nonni che vanno.