Passeggiata o contemplazione? Dato che non possiamo uscire
mi immagino a passeggio, mentre guardo i rami gonfi di gemme che si stagliano
contro il cielo già chiaro. L’aria è fresca ma non gelida, visto che dirigo io
la passeggiata includo molti passanti e anche qualche auto. Ai semafori c’è
poca gente, ma non sono ancora le sette del mattino. Guardo tutti i cespugli in
fiore nelle aiuole sui marciapiedi intorno a Piazza Sicilia, ma poi torno sui
miei passi perché la mia strada preferita, per arrivare in Piazza del Duomo
segue altre vie, letteralmente. Così percorro tutta Via Sacco sino in Piazza De
Angeli e a destra giù per Via Marghera, una delle strade più deliziose di
Milano, dove i vecchi palazzi regnano silenziosi. A metà si può deviare per Via
Ravizza, proseguire fino in piazza Wagner o imboccare Corso Vercelli,
attraversare Piazza Piemonte, salutare i due palazzi gemelli, i grattacieli di
Milano come li chiamava l’architetto Mario Borgato che li aveva progettati, e
sbucare in Piazzale Baracca. Andando sempre dritti, nelle belle giornate si
vede anche la Madonnina seguendo questo itinerario. Se invece di prendere Corso
Vercelli si arriva sino in Piazza Wagner è bene imboccare via Belfiore, breve
ma altrettanto suggestiva come Via Marghera. Da Largo Cherubini si imbocca
comunque Corso Vercelli, si attraversa Piazzale Baracca e giù per Corso Magenta
dove ci sono le tracce di Leonardo, con Santa Maria delle Grazie e il Cenacolo
e le Vigne, di fronte uno dei miei palazzi preferiti in assoluto. Proseguendo questo
cammino vediamo anche il Bar Magenta che è sempre bellissimo, Palazzo Litta, la
spettacolare chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, dove tanti anni fa
partecipai a una lettura di poesia, e giù ancora per Via Meravigli, sino in
piazza Cordusio, una piccola deviazione a rivedere Piazza Mercanti e poi ecco
il Duomo che non finisce mai di lasciarmi stupefatta. Questo tragitto si può
fare anche con il tram 16 e guardare palazzi e passanti con più agio. Ma a
passeggio è proprio bello, soprattutto se è primavera, soprattutto se siamo
liberi di scegliere il nostro itinerario. Adesso che ho ripercorso in pochi
minuti una strada ben più lunga mi consola aver rivisto con gli occhi della memoria
un pezzo della mia città che amo. Magari ne farò altre di passeggiate
immaginarie nei prossimi giorni, ho tutto quel che mi serve. Non voglio
piangermi addosso, non voglio cedere alle più facili emozioni in questo primo
giorno di primavera, non voglio. Penso alle donne e agli uomini che sono al
lavoro per mantenere in piedi noi e il nostro Paese, penso a coloro che ci
hanno lasciati senza un saluto, penso al dolore di familiari e amici, penso
allo sgomento, penso alla paura. Mi commuovo per un nonnulla, piango sulle note
di Fratelli d’Italia, piango quando ascolto Gabriele Romagnoli e quando leggo
Michele Serra e Paolo Rumiz su Repubblica, Claudio Magris e anche i tanti
contributi di gente comune che racconta la propria storia. Ora che ho finito la
mia passeggiata immaginaria, posso accingermi alla passeggiata trionfale nella
mia dimora, dove lo spazio è quel che è, posso zigzagare tra i mobili, a volte
compierne il periplo quasi completo. Posso spolverare qualche altro libro,
decidere se conservare una recensione ritagliata dal Corriere della Sera nel
1993. Se tengo il libro tengo la recensione. Stesso discorso per un’intervista
di Franco Marcoaldi a Josif Brodskij del 14 ottobre 1993 intitolata “I draghi
di Brodskij”, e un’altra intervista, apparsa sull’Unità del 22 marzo 2003, di Maria
Serena Palieri a Paul Auster e intitolata “L’illusione di vivere”. Illusione e
draghi sono ottimi temi per una poesia sulla primavera che arriva comunque,
magari stasera la scrivo. Seduta sul divano osservo la libreria di fronte a me.
Tutti i libri di Paul Auster e Siri Husvedt, sua moglie, se ne stanno
affiancati ed eleganti nelle loro copertine Einaudi, poco distante c’è un
intero ripiano dedicato a Rilke, giusto ieri ho ritrovato alcuni versi tratti
dal “Libro d’ore” e che mi risuonano nella testa senza sosta:
Giro attorno a Dio, all’antica torre,
giro da millenni;
e ancora non so se sono un falco, una tempesta
o un grande canto.
E mi viene in
mente una poesia scovata qualche anno fa in Rete e che dice quanto sia
pericoloso il mondo in primavera:
Un poeta non deve in primavera
passare da solo per i parchi.
Sotto i rami si abbracciano le coppie
e l’erba è umida.
Non deve attraversare
da solo i parchi in primavera.
Ci sono nuvole lanceolate, voli, resti
di amore già usato in terra, e i lillà,
i lillà così dolci, come feriscono.
In primavera è pericoloso il mondo.
Juan Cobos Wilkins
Biografia impura
Un poeta no debe en primavera
cruzar solo la tarde de los parques.
Bajo las
ramas se abrazan las parejas
y la yerba humedece.
No debe pasear
en primavera solo por los parques.
Hay nubes
lanceoladas, vuelos, restos
de amor
usado ya en la tierra, y las lilas,
tan suaves
las lilas, cómo hieren.
En primavera es peligroso el mundo.
Per oggi basta, dalla fase immaginativa mi pongo in quella
contemplativa. Chissà che un drago non venga a sedersi sul mio davanzale,
chissà che la primavera non ci porti sollievo.
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