venerdì 3 settembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/544. Voglio solo stare in questa luce, in questo silenzio

 


 

 

Quanto era piccola l’isola, piccola come una mano stretta a pugno, come un fiore non ancora sbocciato, come una tazzina da caffè vuota, quanto era piccola l’isola dove ero appena sbarcata?

Sapevo da anni che un giorno sarei ritornata, lo sapevo dal giorno stesso in cui ero stata costretta ad allontanarmi. Quanto è lungo un anno? Tanto o poco, uno dopo l’altro erano passati gli anni, ed erano quaranta, tanti quanto la traversata del deserto. L’isola non era mai veramente uscita dal mio orizzonte, la vedevo apparire e sparire al centro del lago d’Orta, appariva e spariva in qualunque mare io stessi nuotando, ma sapevo che non ci sarei mai arrivata all’epoca, non in barca e non a nuoto, non nel tempo in cui più avevo desiderato di poterci andare. La prima volta che mi ci sono trovata è stato per caso, un’estate di tanti anni, tanti fa dove ho letto in sequenza e con la voracità tipica della giovinezza Anais Nin, Marie Cardinal, Virginia Woolf, Simone de Beauvoir, Hermann Hesse, Manuel Scorza, Gabriel Garcia Marquez, Roland Barthes, J. L. Borges, Thomas Mann, Franz Kafka, Albert Camus, Jean-Paul Sartre, Marcel Proust, Henry James, Jules Verne, Primo Levi, Luigi Pirandello, Dino Buzzati, John Steinbeck, George Orwell. E ho capito, ammirando l’arcipelago intorno a me, che quelle isole volevo esplorarle tutte e che un giorno avrei trovato la mia isola.

Ora che sono arrivata, scopro di conoscerla come la mia casa, questa piccola isola, ma di non conoscerla davvero fino in fondo. Perché è impossibile conoscere qualcuno o qualcosa fino in fondo. E l’isola muta di continuo il suo profilo, si confonde nella nebbia dell’alba, mi acceca nel riverbero del sole che tramonta. Ci sono raggi verdi che attraversano il fitto bosco e colpiscono questa casa, che è la casa di tutte le case, di tutti i libri e di tutte le librerie. Conosco la fonte di quest’isola, perché per quarant’anni mi ci sono dissetata, conosco la biblioteca, perché ho portato libri in questo luogo per poter preparare il mio ritorno, sempre divisa tra l’altra vita e questa vita monastica che tanto mi aveva attirato sin dall’infanzia. Amare il mondo rinchiuso tra pareti, cercare ristoro nei paesaggi intorno, camminare a piedi, viaggiare, ma poi sempre ritornare tra queste mura, ai quaderni e ai libri.

 

 

Conversazione con un’isola

 

L’isola era sempre uguale, mi

pareva, forse mi stava aspettando,

forse si era dimenticata di me. Io

di certo non di quel luogo protetto

cui davo del tu. Perché rispondono

le isole, anche nella distanza, ho

sempre saputo che questo tavolo,

la penna e il taccuino, mi stavano

aspettando. Mi ha salutato la mia

isola, io le ho risposto in questa

assenza di riferimenti tangibili,

cose e promesse. Qui dovevo

arrivare, qui resto.

 

 

Non è distante dalla terraferma questa piccola isola, ma ora voglio solo stare in questa luce, in questo silenzio che nutrono le parole che arriveranno. È miele questo silenzio e le parole sono le api operose che si preparano per la stagione fredda che già si annuncia mattina dopo mattina.

Oggi è venerdì 3 settembre 2021, il secondo anno senza Carnevale, il secondo anno incerto, vago, difficile e questa è la Cronaca 544, monastica e insulare.

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