lunedì 31 maggio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/449. Forme del tempo e tassonomia dei giorni

 


Tra le domande oziose e senza risposta intorno alle quali mi perdo a fantasticare, di sicuro una di quelle ricorrenti e preferite, è chiedermi dove vanno a finire le giornate finite, come se ogni giornata fosse un oggetto compiuto e archiviabile.

Ci sono i giorni-libro, ordinati, divisi in capitoli e paragrafi, hanno un indice e una copertina, è facile riporli negli scaffali della memoria e poi ritrovarli, perché sono giorni in cui qualcosa di memorabile è accaduto, qualcosa che ha dato senso al nostro vivere e che continua a darlo quando ce ne ricordiamo.

Ci sono i giorni-fili, sono quelli che il tempo ci lancia ogni mattina perché possiamo inserirli nella nostra tessitura, sono i giorni che non hanno tracce individuali, ma hanno un senso insieme agli altri fili cui sono accostati, non lasciano particolari ricordi, ma entrano a far parte della trama della nostra vita e la colorano.

Ci sono i giorni-onde tranquille, profumano di mirto e sale, i gabbiani gridano nell’aria e loro, i giorni, vanno e vengono, sono i giorni dove facciamo sempre le stesse cose, lavoro-casa-lavoro-famiglia-lavoro-amici-lavoro, sono giorni rassicuranti, senza sorprese e senza particolari fatiche, addirittura, forse con un po’ di noia. Questi giorni semplici entrano nell’ordito della nostra vita, ne sono l’impalcatura, la maggioranza di quelli che avremo vissuto e che solo per noi avranno avuto un senso.

Ci sono giorni-fuoco, non bruciano solo nel camino ma anche nel cielo e nei boschi, sono giorni che consumano tutta l’aria intorno, li viviamo a perdifiato perché siamo immersi in una nostra passione che, tanto ci consuma, tanto ci ravviva. Questo fuoco non si estingue e non troveremo cenere dov’è passato, ma diamanti grezzi da lavorare e argilla forgiata dalle fiamme, che ha preso forme inusuali, ma che a noi, proprio a noi parlano.

Ci sono giorni-seme che racchiudono nel fragile guscio tutta la promessa del futuro. L’importante è non tenerli in mano, ma farli sprofondare nella terra sino a quella che sarà la giusta distanza dal cielo. Lì, nel buio umido e profondo, i semi parleranno con le radici, diranno la loro paura, ma le radici racconteranno che il buio finirà anche per loro, che ci saranno anche tronchi, rami e foglie, per qualcuno fiori e poi frutti. Ci saranno i nidi tra questi rami e i canti degli uccellini, ci sarà il vento che andrà e tornerà seguendo quel cammino che è ignoto a chi non fa parte di questa trama.

Ci sono giorni-giorni che sono tutte queste cose insieme e anche altre che scriverò in un tempo futuro, mentre oggi, lunedì 31 maggio del secondo anno senza Carnevale, ancora non so che tipo di giorno sarà stato, me lo dirà lui stesso intorno a mezzanotte mentre la Cronaca 449 si sarà adagiata nell’amaca del tempo.

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