lunedì 3 maggio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/421. La memoria è il fruscio del vento, una mela sul tavolo, una piuma trovata


 

Ma se il luogo della memoria fosse solo la pelle, cosa sarebbe rimasto di questi anni? Memoria del vento, certo, il frusciare dei vestiti, le lenzuola. Per i più fortunati il tocco del sole e delle onde, poco altro. Pochi abbracci, pochi baci, pochi contatti. Ma ci sono le memorie più remote, quelle precedenti la pandemia. E la pelle freme perché basta immaginare per sentire di nuovo su di sé quel brivido dell’essere vivo e sensibile. Questi anni lasceranno ferite e cicatrici, è certo. Ferite e cicatrici invisibili, ma le ferite guariscono e le cicatrici sono lì a dirci che qualcosa di tremendo è accaduto ma è anche passato e finito. Il processo di guarigione, sia del corpo che dell’anima, ha bisogno di tempo e di delicatezza, ha bisogno di cure che partono dall’ascolto, di parole allo stesso tempo dense e leggere. Lo spazio della relazione è il luogo in cui si il processo di cura prende forma e l’ascolto diventa un fiume che scorre nei due sensi. La stanza dell’analisi è il luogo classico deputato a questa relazione, ma altri luoghi hanno preso forma in questi anni, luoghi dove il medico ha imparato ad ascoltare il paziente, dove la condivisione in gruppo, spesso insieme ad altre persone sconosciute, permette all’Alfabeto della Cura di declinarsi e di scegliere le parole utili e necessarie. Parole che partono dalla biografia di ciascuno e nella relazione tessono il nuovo senso del nostro stare al mondo.

Bisognerà trovare le parole per raccontare questi anni, bisognerà imparare a non rimuovere gli eventi, ma ad elaborarli, per non condannare all’eterna ripetizione del male e dello sgomento.

 

 

Una scrivania che è anche un nido

 

Ho trovato una piuma azzurra

questa mattina, ho cercato

tra i rami frondosi un nido,

il luogo della provenienza, ma

niente indicava che ci fossero

quel nido immaginato e quegli

uccellini che lo avevano costruito.

Così ho portato la piuma con

me, e ora sta nella stessa cesta

delle pietre e dei sassi, accanto

al quaderno con le foglie e i fiori

essiccati. Un canto si alza da tutta

quella materia che pare addormentata:

“Noi siamo, noi siamo stati e noi

saremo, nel tempo e nelle stagioni.

Accetta la fatica di questo vivere,

sopporta i rumori vacui intorno

e cerca la nuova foglia, il sasso

dimenticato e il nido che presto

sarà vuoto. Questa è l’anima mentre

cerca la sua forma e accetta dalla

tua storia giusto le piume che

servono a rendere più comodo

il nuovo nido per l’anno che

verrà. Quando arriverai?”.

 

Questa luminosa giornata che sembra di inizio primavera e non di maggio, mi ha riempito lo sguardo e il sorriso. Ogni giorno è un dono, anche se a volte doloroso e a tratti incomprensibile.

Questa è la Cronaca 421 di lunedì 3 maggio, del secondo anno senza Carnevale, dove abbiamo ricominciato a uscire come i bucaneve al disgelo. L’unica certezza è la poesia che mi accompagna giorno dopo giorno, ora dopo ora. La poesia che contempla le pietre, le foglie e la piuma azzurra sulla mia scrivania.

Nessun commento: