domenica 2 maggio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/420. Poetica delle tazze di porcellana e di Philip Roth

 

 


Dopo la pioggia battente arrivano le sorprese, un cielo di smalto azzurro e tutta l’infinita domenica davanti. Nelle strade del quartiere tutti gli ippocastani sono in fiore, pinnacoli rosa e avorio che svettano sotto le nuvole ballerine e ritagliano arabeschi anche nello sguardo. Stamane i supermercati aperti e le strade erano pieni di gente. Adesso che l’Inter ha vinto lo scudetto, non seguo il calcio ma sono interista per tradizione familiare, cortei di auto strombazzanti si susseguono come a un corteo nuziale. Sempre meglio che il suono tragico delle ambulanze di ieri, nel quartiere se ne sono fermate una decina ed è la prima volta dall’inizio della pandemia. Mi sto interrogando da lungo tempo sulla nostra società e ho iniziato a pensare in questi ultimi tempi che la nostra civiltà è proprio quel che voleva essere. Predatrice, avida, desiderosa di ricchezza, fasti e agi. Guardando un noto programma televisivo dedicato all’arte di ricevere, ho visto sfilare gente di tutti i tipi, compresi rapper, pompieri, sportivi di varia natura e non solo casalinghe, affannarsi a cercare l’apparecchiatura perfetta con le forchette e il tovagliolo a sinistra e il coltello a destra con i bicchieri in ordine di altezza. Il valore e la bellezza di interior design, mise-en-place e menù viene quasi sempre dalla tradizione, dalle ricette di mamme e nonne, da mobili e suppellettili ereditati. Ora, facendo un’operazione intellettualmente scorretta, tirerò questa mia osservazione sino ad arrivare a dichiarare che le tazze da tè hanno sconfitto il comunismo più di quanto non abbia fatto la democrazia rappresentativa. Tutti vogliono essere borghesi, o almeno la maggio parte delle persone, e il capitalismo ha mostrato per tutto il Novecento, e ancora ci mostra, di essere in grado di piegare alle proprie esigenze e poi di convivere con qualunque regime politico. Democracy and Capitalism, l’interessantissimo e imperdibile saggio di Samuel Bowles e Herbert Gintis mai tradotto in italiano, fornisce convincenti analisi e spiegazioni in merito. I regimi post comunisti di Russia e Cina, quelli teocratici dei paesi arabi, fondano sulla forza dello stato centrale e della preminenza di un’ideologia politica o religiosa il loro dominio. Ma le sirene degli stili di vita occidentali sono irresistibili e la rivolta contro l’Occidente è per la mancata accoglienza nel modo di vita borghese, non per il rifiuto di esso. In Occidente accade, però, che un senso di colpa collettivo, pandemia a parte, stia mettendo a dura prova la salvaguardia, la conservazione e la diffusione delle radici stesse della nostra cultura. Di recente, tale Dan-el Padilla Peralta, che insegna a Princeton, e che è diventato esponente di spicco di quella cancel culture di cui è preda una parte del mondo intellettuale anglosassone che ha attaccato da tempo Shakespeare – per la morte di Desdemona e Ofelia,  e di recente Jane Austen e Philip Roth. Padilla Peralta in interviste meno recenti esaltava la cultura classica, il cui studio – a lui bambino povero immigrato dalla Repubblica Dominicana – aveva permesso grazie alle borse di studio, di affrancarsi da una vita povera intellettualmente e materialmente. Jane Austen viene attaccata perché suo padre aveva quote di proprietà nelle piantagioni di zucchero e tè. Philip Roth perché era misogino e sessuomane, in rete trovate decine di articoli, e il suo biografo Blake Bailey la cui biografia di Roth viene mandata al macero dall’editore perché alcune studentesse, emerse dalle nebbie del passato, lo accusano di molestie e violenze sessuali e psicologiche. È giusto separare la biografia di un artista dalla sua arte? Io credo di sì, io sono convinta che Philip Roth sia uno dei più grandi scrittori del Novecento e che avrebbe meritato il premio Nobel, lui sì, mica Bob Dylan che scrive canzoni, che non sono poesia, sono un’altra cosa. Cancellare il passato, le tracce dello schiavismo, la violenza, nega la storia e la dignità di chi ha dovuto subire violenza e schiavismo. Non è abbattendo le statue di Colombo o facendo interpretare ruoli impossibili in epoche dove i mondi erano rigidamente separati, ad attori afroamerican,i che si possono correggere le storture della storia, il male fatto e il male patito.

Con il #metoo la presunzione di innocenza è venuta a cadere e si è affermata una logica inquisitoria, ogni uomo accusato è colpevole senza processo, ogni donna una vittima. Una vittima che resterà tale per sempre, inchiodata alla violenza subita senza poter andare oltre, come se la cura fosse impossibile e il marchio indelebile. Io credo che una donna che denunci una violenza sia sempre degna di fiducia, ma la colpevolezza dimostrata nelle aule di un tribunale è uno dei fondamenti dello Stato di diritto.

La letteratura è uno specchio deformante o forse un filtro, attraverso cui la vita passa e ci viene restituita da uno sguardo particolare, dalla creatività e dall’uso della lingua che gli scrittori sanno utilizzare come nessun altro. Non è la letteratura a essere violenta, misogina, razzista, è la vita, la vita che viviamo. L’educazione che impartiamo ai giovani, il rispetto per la fragilità, la solidarietà, lo spirito di cooperazione, il bene che siamo in grado di compiere, sono una conquista quotidiana. Il male fa parte della nostra natura, della nostra biologia, la storia di tutte le civiltà e le epoche ce lo dimostra. Negarlo e cancellarlo non ci aiuterà mai a combatterlo. Il male va guardato negli occhi, scritto, raccontato e combattuto al meglio delle possibilità di ciascuno. Bisogna essere vigili, all’erta, e ricordarsi che lo sguardo di Medusa, a volte, è nel nostro stesso specchio. Jung ci ha insegnato che l’ombra negata può prendere il sopravvento, per questo bisogna interrogarla e non negarla. Dove sono i liberi pensatori e le libere pensatrici? Dove è finita la libertà sessuale? E quella di pensiero? E quella di scrittura?

E adesso vado a leggere I fatti. Autobiografia di un romanziere di Philip Roth e a bere il tè in una classica tazza di porcellana a fiori, eredità di famiglia.

Oggi è domenica 2 maggio del secondo anno senza Carnevale e questa Cronaca 420 è impoetica e vibrante come l’aria tra gli alberi, come la vita che non ha paura, che guarda e indaga e non si arrende alle vuote ideologie che vogliono prenderla a calci per farla entrare in schematismi e gabbie disegnate da tristi figuri.

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