giovedì 6 maggio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/424. Le rondini d’oro e l’incendio della sera

 


La ragazza dormiva a braccia conserte su un tavolo di pietra, la testa appoggiata sulla sommità e il viso rivolto verso il cancello. La vidi per la prima volta una mattina molto presto, c’erano ancora i canti dell’alba che risuonavano dai nidi e le rondini sfrecciavano intorno a lei, senza svegliarla. Mi chiesi come potesse dormire con quel festoso frastuono, mi fermai qualche istante ancora, ma lei non si svegliò. Il giorno successivo passai di nuovo davanti alla villa, era quasi mezzogiorno e la ragazza dormiva nella stessa posizione del giorno prima. Non c’erano più le rondini a sfrecciare nel cielo, ma il suo sonno sembrava protetto dalla medesima veglia della natura intorno che sembrava volerla proteggere. Poi fu che non ci pensassi più, salvo incrociare la sua via andando verso il caffè dove mi ero dato appuntamento con gli amici. Mi fermai al cancello e la ragazza dormiva sempre, sembrava che non si fosse mai mossa, il viso era rilassato e di un bell’incarnato, la vestaglia giapponese bianca a rosa, ricamata con grossi fiori viola e oro, nella luce morbida del pomeriggio luccicava ancora di più. Rimasi fermo per qualche istante, ma lei non si mosse neanche quel giorno, così ripresi la mia strada. Fu solo la settimana successiva che notai un cambiamento, la vestaglia, forse era davvero un kimono, era turchese e verde smeraldo. Sulla schiena si intravedevano delle canne di bambù ricamate finemente, di un verde più tenue ombreggiato di un color giada che faceva rilucere la figurina addormentata. Da quel giorno non potei fare a meno di passare per controllare che quel sonno fosse sempre profondo e protetto dal fitto giardino che circondava la villa. La vestaglia di seta, la prima volta che passai da lì al tramonto, era rosso fuoco, striata di arancione, l’insieme dava l’idea di un incendio appena scoppiato. La ragazza dormiva sempre, mi chiesi una volta di più cosa stesse sognando, battei la punta del bastone contro la cancellata, ma a sfrecciare via furono le rondini che volavano basse, mentre lei non si mosse. Fu nella quarta settimana che la mia impazienza ruppe indugi e scrupoli, girando intorno alla villa avevo intravisto la possibilità di arrampicarmi sul muro di cinta e poi da lì appendermi a un ippocastano dall’aria robusta e lasciarmi poi dondolare giù sul prato. Ero certo che non ci fossero cani da guardia, né giardinieri che avrebbero potuto fermare la mia intrusione. Quel pomeriggio la ragazza indossava una vestaglia di seta nera ricamata con delle rondini dorate. Il suo sonno imperscrutabile non cambiava mai e io ero deciso ad assistere al suo risveglio. Mi sedetti al riparo di un cespuglio poco distante dal tavolo di pietra e dalla fanciulla addormentata. E poi accadde che il grande portone di legno intarsiato della villa si aprisse e sulla soglia apparisse una fanciulla identica a quella che stava dormendo. Sugli avambracci tesi portava un chimono di broccato arancione e oro, copia identica a quello che lei stessa indossava. Fu un attimo e tutto un frullare di ali, perché le rondini d’oro posate sulla fanciulla addormentata presero il volo. Ma lei non si mosse, non poteva muoversi, era una fanciulla scolpita nel marmo e dipinta con una tale maestria da sembrare viva. Chi aveva compiuto quel miracolo compositivo aveva certo studiato le antiche sculture greche che, benché giunte a noi prive di colori, ne conservano tracce quasi invisibili. Lo sapevo per averne letto in un libro studiato ai tempi dell’università. Il miracolo della fanciulla addormentata era ancor più intenso per via della vestaglia di seta. Quella viva indossava una vestaglia dal taglio tradizionale, mentre quella per la sua sosia che sempre dormiva, era tagliata e cucita in maniera tale da caderle addosso con pieghe perfette. Il corpo era roseo e perfetto, i piccoli seni sbocciavano da un petto elegante come le spalle e il collo. Guardai la fanciulla, che era ormai accanto alla sua sosia e non ebbi più dubbio alcuno che lei ne fosse stata il modello. Con gesti rapidi e sicuri aveva denudato la statua e sostituito la vestaglia. Poi si era seduta accanto, sulla panchina e aveva assunto la stessa posizione. Le rondini dorate, che vidi di nuovo solo per qualche istante, si posarono sulle mani delle due ragazze. Anche l’altra, quella che respirava, si era addormentata e il mio occhio non riusciva più a staccarsi. Temetti di stare impazzendo perché capii di essermi innamorato, ma non della fanciulla di carne viva. Io bramavo quell’essere di pietra che chiamava a sé le rondini d’oro e l’incendio della sera. Sentii un cigolio e vidi che il grande cancello era aperto, qualcuno mi stava invitando a lasciare il giardino e le fanciulle addormentate. Imboccai così il sentiero con in cuore la promessa di tornare l’indomani. Volevo svelare quel mistero e baciare quelle labbra più fresche anche dell’ultima rosa.

 

Ho scritto questa Cronaca 424 suggestionata dall’immagine del quadro High Water del pittore russo Andrey Remnev che ho scoperto su Facebook grazie a Jean-Philippe de Tonnac. Scrivere a partire da un’immagine è un percorso che sto facendo con Valentina Durante e Giulio Mozzi, che ringrazio. Le immagini ci parlano e non sappiamo perché, noi rispondiamo con le parole, che delle immagini sono compagne. Oggi è giovedì 6 maggio del secondo anno senza Carnevale.

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