Prima di partire dall’Umbria per Roma, sono rimasta parecchio a guardare il lago Trasimeno e la bellezza del paesaggio intorno, quanto mi è mancato viaggiare in questi anni…. come a tutto il resto del mondo. Ormai faccio davvero fatica a restare seduta davanti al computer a lavorare, fare call, corsi. Via, via, via… voglio stare in giro, ascoltare la voce delle persone dal vivo, abbracciarle, fermarmi a guardare il cielo e continuare a pensare che in questa bolla di mondo che il destino ci ha riservato, possiamo fare finta di niente e vivere come se non ci fossero la guerra, la pandemia in recrudescenza, la siccità. È davvero uno scenario da pre-apocalisse, ma lo ignoro, volutamente. Raffaella mi accompagna alla stazione e poi parte per uno dei suoi molti viaggi di lavoro. Ho il tempo di fare colazione in pasticceria e fare un po’ di osservatorio antropologico, una delle mie attività preferite. Colgo frammenti di conversazione tra la barista e gli avventori, poi vado in stazione dove una pattuglia della Polizia di Stato, chiede i documenti a tutti i presenti. Finalmente è ora di partire, il viaggio per Roma non è lungo, e sui treni regionali si vede la vera Italia che viaggia, lavora, dorme, ride, ascolta musica ad alto volume. Quel che non ho calcolato è che il treno regionale arriva alla stazione Termini nell’ultimo binario, proprio fuori, fuori, e sotto un sole cocente bisogna trascinarsi sino all’uscita. Affaticata non prendo in minima considerazione l’idea di andare coi mezzi pubblici e prendo un taxi, in una coda di taxisti nervosi che temono che gli altri rubino i clienti, che pure sono tanti. Infatti, due litigano violentemente e si prendono a male parole, alla fine salgo sul mio taxi e dopo aver dato l’indirizzo della mia amica Camilla, mi immergo nella bellezza eterna della città eterna, assediata da cinghiali e rifiuti, ma non in tutti i quartieri. Quando arrivo lei e suo figlio Nico mi stanno aspettando per il pranzo. Prima mangiamo una zuppa fredda di zucca e carote, poi pomodori ripieni di riso al forno, insalata fredda di pollo, mozzarella e pomodoro. Mangiamo un poco di tutto e avanzerà abbastanza cibo per il mio pasto serale. Dopo pranzo Nico sparisce in camera sua e io e Camilla ci adagiamo sui divani paralleli del soggiorno e iniziamo a parlare di Celan, Kafka, Bachmann, di tutte le cose accadute in questi anni, dei figli cresciuti, dei libri scritti e da scrivere. Nel tardo pomeriggio Camilla e suo marito Paolo partono perché devono seguire dei lavori nella casa in campagna, che è in Umbria, non molto lontano da Piegaro, dove ero io sino a qualche ora prima. Quando loro sono partiti e sono rimasta sola in casa ho sentito forte le stesse emozioni che ho provato la prima volta che sono venuta a trovarli, un senso di casa e di famiglia, loro hanno quattro figli, e di benessere. Resto per un po’ ancora a leggere allungata sul divano, poi vado in terrazza ad ascoltare le rondini, a guardare un cielo che si tinge di rosa, ad ascoltare le voci degli avventori dei bistro e ristoranti che sono nelle numerose vie che si incrociano. Apparecchio la tavola in maniera spartana, recupero dal frigorifero il cibo avanzato dal pranzo, una bottiglia di acqua fresca e mi lascio cullare dall’atmosfera dolce e romana. Prima di andare a dormire leggo e sono gioiosa per questo venerdì 24 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 838 è lieta di essere qui con me a Roma.
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