Continua la lettura spiaggiata del libro La più bella estate e anziché iniziare con le mie impressioni, inizio con un brano di Amoz Oz tratto da Lo stesso mare che Federico Pace ha messo in esergo:
Deserto:
tufo e dirupo
odore
di terra bagnata dopo un’estate di sete.
Viene
una voglia:
essere
ciò che sarei stato se avessi saputo ciò che è dato di sapere.
Essere
prima di ogni cognizione. Come i colli. Come un sasso di luna.
Inerte
e sicuro
di
decantazione illimitata.
Un battito d’ali è
il capitolo dedicato a Vladimir Nabokov e inizia così:
C’è
un tempo della vita, e una stagione dell’anno, in cui tutti gli abbozzi della
nostra esistenza sembra che vogliano, e possano, realizzarsi. In quel periodo,
in quella stagione effimera, riusciamo a intravedere i vascelli delle nostre
infinite esistenze possibili mentre se ne stanno schierati nel blu dell’orizzonte
estivo. Al chiuso della nostra stanza, vediamo le prue di quelle imbarcazioni
pronte a salpare, quando, ancora sdraiati nel letto, intuiamo la luce del sole
che, alle prime ore del mattino, balugina nello spazio minuto tra le fenditure
delle persiane. Con addosso il leggero velo del sonno, ne immaginiamo le
traiettorie, le infinite avventure. Rimaniamo a guardare, con gli occhi
dell’immaginazione, tutte le peripezie che si andranno compiendo. Le terre in
cui giungeremo, le persone che avremo l’opportunità di avvicinare e che ci
toccheranno nel profondo. Le cose sconosciute che avremo tra le mani. E di
quelle prospettive, prima di scendere le scale della casa in cui ci troviamo in
quel tempo della nostra
vita,
sembriamo nutrirci e abbeverarci come di un alimento e un nettare prelibato.
Non sappiamo ancora, e non possiamo nemmeno intuire, che ne sarà di quei
vascelli schierati laggiù dove la terra si congiunge con il cielo. All’alba di
un mattino di luglio del 1910, Vladimir Nabokov, non appena intravide
attraverso le fenditure delle persiane un luminoso e vivace raggio di luce,
invece di andare dove tutti lo aspettavano per la colazione, eccitato dal
pensiero di ciò che lo aspettava fuori di casa, lontano dalla routine dell’abitazione
familiare, scavalcò la finestra della sua stanza e sparì.
Leggo
in spiaggia, faccio lungo passeggiate su e giù per il paesello che mi ospita,
respiro il profumo della pineta, nuoto moltissimo, chiacchiero con i vicini di
ombrellone e poi ho pranzato con le amiche e gli amici in partenza in un
posticino delizioso, che si chiama Angolo 74, che ci ha servito pesce freschissimo e c’era
il vento e c’era il sole e l’estate era già iniziata.
Oggi
è martedì 14 giugno del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e
con questa Cronaca 828 vivo nella mia bolla di mondo e riesco a essere gioiosa,
non mi stancherei mai del mare, non mi stanco mai del mare.
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