Una giornata luminosa, le
voci e i profumi del mercato, passanti colorati e vocianti. Così mi ha accolto
Brescia al mio arrivo sabato mattina. Ho camminato a lungo, respirato quell’odore
di primavera che ancora non avevo sentito in questa stagione. Nel cortile della
casa editrice il glicine è in fiore e il silenzio avvolgeva ogni cosa. A ogni
minima folata qualche fiore cadeva con l’eleganza distratta delle cose che
cadono. Ne ho raccolti alcuni e li ho messi a seccare in fondo al volume dei
racconti di Katherine Mansfield che stavo rileggendo. Felicità è uno dei suoi
racconti che più amo. La presa diretta sulla realtà, la mancanza dello voce
autorale, la poetica degli oggetti che dicono, nel loro silenzio, dei personaggi
ancora più di quanto non facciano loro stessi nel compiere le azioni. Il 18
marzo del 1922, Rebecca West pubblicò sulla rivista New Statesman una recensione che sottolineava le qualità
poetiche del racconto Alla baia e dove scriveva che la scrittura della Mansfield era
«the conquest of prose by the logic of poetry». Questo aspetto credo che sia
uno dei motivi che fanno da sempre questa scrittrice una delle mie preferite.
Ne ho parlato lungamente nel tardo pomeriggio alla libreria Rinascita dove un
pubblico, quasi tutto femminile, ha avuto la bontà di ascoltarmi per quasi
un’ora e mezza. Amare i libri significa per me anche condividere il piacere
della lettura e restituire la gioia di ogni singola scoperta. Alla fine una
signora mi ha chiesto se a mio parere la Mansfield avesse conosciuto la
felicità di cui scriveva o se l’avesse soltanto immaginata. Ci ho pensato un
lungo istante prima di risponderle, ferma sulle scale della libreria. Le ho
risposto di sì, perché la felicità si esprime solo a frammenti, illuminazioni,
folate, scoppi improvvisi, e questo è il modo in cui lei la narra. Ma il no
sarebbe stata una risposta altrettanto veritiera, perché lo scrittore e il
poeta non hanno bisogno di avere vissuto quello che raccontano, perché è
soprattutto l’immaginazione che li guida nella scrittura, anche se conoscono
ciò di cui stanno scrivendo. Almeno credo.
E.P.
3 commenti:
Elena, ma sai che proprio sabato pomeriggio ho riletto Felicità? Io credo che lei fosse felice e disperata allo stesso tempo e per questo scriveva, scriveva, scriveva.
Marina
Che bella sincronicità! Della furia di scrivere della Mansfield narra Grazia Livi nel suo "Da una stanza all'altra" che ti consiglio se già non l'hai letto. E grazie per la lettura costante! :-) Un caro saluto. Elena
Ricordo che della Livi hai parlato ed ho segnato il libro tra le cose da leggere. Ti leggo sempre con piacere. Ciao e buona giornata
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