domenica 1 agosto 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/511. Mi addormento e tutti mi raggiungono nel sogno

 


Seduti sulla cima dei monti stavano gli Dèi e guardavano indifferenti ai movimenti umani. Ma poi un uomo accese il fuoco e una donna iniziò a cantare, così gli Dèi diventarono curiosi e si avvicinarono. Per non farli spaventare presero sembianze umane e scoprirono di sentire i loro cuori battere, gli occhi riempirsi di lacrime, impararono a commuoversi per un tramonto, per il sorriso di un bambino, per la corsa più veloce e per il salto più alto. Restarono a lungo tra gli umani i nostri Dèi greci. Li abbiamo lasciati andare via da così tanto tempo che neanche sappiamo più perché siano scomparsi. Ma oggi, li abbiamo visti gioire con Lamont Marcell Jacobs, l’uomo che correva più veloce, e Gianmarco Tamberi, l’uomo che saltava più in alto.

Così queste strane Olimpiadi quasi virtuali, senza pubblico, senza incitamenti, urla o applausi, irrompono nella quieta rassegnazione di un’altra domenica piovosa. Dov’è il sole? Ci chiediamo, mentre i tuoni infrangono il silenzio e lo scroscio della pioggia diventa sempre più forte, e poi piano si acquieta, e poi sparisce. Quando ci sono le Olimpiadi mi tornano sempre in mente quelle di Los Angeles nel 1984. Ero a Losanna a studiare francese e con alcune compagne ci eravamo rintanate in questa casa di studenti affollata e allegra. Mangiammo pizza e ravioli cinesi bevendo Coca-Cola. La Svizzera è uno strano paese, forse davvero uno stato mentale. Ho ricordi meravigliosi dei viaggi che ho fatto tra quelle montagne e quei laghi, un paese senza mare, proprio come Milano. E gli Dèi vivevano in Svizzera in quegli anni e alcuni li ho incontrati e ho parlato con loro. Perché amano la giovinezza, amano quello stato perenne di scoperta ed eccitazione che appartiene alla gioventù e che, se siamo fortunati, non ci abbandona mai. Vivere seguendo il flusso delle cose che accadono, imparare ogni giorno qualcosa di nuovo, non fosse anche che una sola parola, avere cura di chi ci sta accanto, perché la cura di persone e cose, si espande come i cerchi nell’acqua quando lanciamo un sassolino.

Così la pioggia diventa un rifugio per i pensieri che saltellano sui rami come scoiattoli e vanno alla ricerca di ghiande, noci e di scoiattoli nuovi. Così la pioggia diventa un rifugio per i ricordi che si nascondono tra i rami come le cinciallegre e si contendono la nostra attenzione per tornare in questa dimensione, varcando i limiti dello spazio-tempo.

 

 

Il silenzio dispensa scintille

 

Mi guardo intorno e scopro

quanto sia affollato questo

divano. Ci sono io che

scrivo e la ragazza che ride,

la bambina che corre e

la bambina che salta. Così

mi stringo per far posto

a questa strana compagnia

che mi conosce bene e io

conosco loro. Ognuna

chiama a sé la memoria

di chi ha amato e presto

la stanza è piena di gente

che parla ad alta voce e

ride. Mi addormento e tutti

mi raggiungono nel sogno,

mentre fuori la pioggia è

sottile come un suono d’arpa

e mi chiedo dove l’ho già

sentita prima. E nessuno

mi risponde, qui le parole

dormono più ancora di

noi e il silenzio dispensa

scintille, lucciole e stelle

che riempiono tutti i cieli.


Questa è la Cronaca 511 di domenica 1° agosto del secondo anno senza Carnevale, dove ascolto la pioggia e gli Dèi che sono tornati.

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