giovedì 26 agosto 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/536. Pioggia è il nome delle nuvole mentre stanno cadendo

 


 

Si può essere indifferenti alla pioggia? Lo chiedo al bosco e gli alberi mi rispondono ridendo e scuotendo i rami. Lo chiedo alla terra che si solleva in un vortice di polvere e lo chiedo alle nuvole che sono il nome della pioggia prima che cada. E la pioggia, la pioggia ripeto, è il nome delle nuvole mentre stanno cadendo. C’è un legame esile e spesso invisibile che lega gli elementi naturali nei loro diversi stati. E, infatti, fiume è il nome delle nuvole prima che salgano in cielo e anche mare è uno dei nomi delle nuvole, ed anche uno dei nomi del fiume e uno dei nomi dell’acqua. Chiamiamo vento l’aria intorno che non vediamo, dal refolo al tornado è l’aria che si scontra con gli altri elementi e cambia velocità, intensità e forma. Così il fuoco è fulmine o saetta o folgore quando risplende ancora nel cielo e incendio, fuoco, fiamma, brace e cenere dopo che ha incontrato la terra e l’aria. Nessuna forma, se non la pietra e non per sempre, mantiene si mantiene identica a se stessa a lungo. Anche noi creature coscienti e senzienti mutiamo nel tempo, nel vento e nel fuoco e il corpo bambino già tende la mano al vecchio che saremo. Anche il nostro volto muterà nel tempo e avrà in sé tutti i volti che abbiamo avuto e le rughe saranno i versi che quel bizzarro poeta avrà inciso sulla nostra pelle.

Così cammino sotto la pioggia e affondo i piedi nella terra già umida, così cammino in riva al mare e la pioggia diventa mare e il vento diventa onda e io divento io e un’altra allo stesso tempo, perché niente può essere fermato, niente avrà la stessa forma e anche queste parole che sto scrivendo e che voi state già leggendo, sono testimoni di un passato che era solo mio.

 

 

Il fuoco nel cielo e sulla terra, a Kabul

 

Apro la mano, ci sono

le tre nuvole di Paz e

queste poche parole,

una poesia di una poesia

che un altro poeta ha

già scritto. Apro la mano

e ci sono solo ombre, la

chiudo e la riapro e trovo

pioggia e nessuna parola.

L’apro di nuovo e cerco

l’innocenza delle parole,

ma niente è innocente,

non dopo essere caduto,

mi dice la pioggia, mi

grida il mare. E io sento

quelle voci che sovrastano

anche il vento e la pioggia

che sono diventate le nostre

lacrime che toccheranno

la terra, ma non avranno

cambiato la storia, nessuna

storia.

 

 

Sono i gesti anche piccoli, sono le azioni, quell’uomo che ha dato l’acqua a un bambino assetato, l’altro uomo che ha premuto un pulsante e si è polverizzato e ha annientato altre decine di vite. Possono avere lo stesso nome questi due uomini? Io non credo, io non voglio crederlo e continuo a sperare nella scelta quotidiana di chi costruisce il bene ogni giorno e ha pietà dei poveri corpi che siamo, del dolore e delle lacrime, voglio credere in uomini com’era Gino Strada, voglio credere che prima o poi i portatori di morte si fermeranno o verranno fermati.

Oggi è giovedì 26 agosto del secondo anno senza Carnevale e questa è la Cronaca 536, dolorosa, come tutte le Cronache, anche di quelle che si celano in una poesia.

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