martedì 22 dicembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/289: dove sentiamo tutte le voci, anche quelle che non ci aspettavamo



Mentre il fuoco continuava a crepitare i loro sguardi giravano intorno come su una giostra e non si fermavano, non si fermavano mai.

-     Non c’è molto da raccontare – disse Chino – la pandemia è scoppiata a fine febbraio e io sono rimasto disoccupato. Si dice che il virus girasse già da novembre del 2019… ma quante chiacchiere non verificate. All’inizio le persone hanno reagito bene, mentre arrivavano bollettini sempre più drammatici, ogni sera alle diciotto, le persone uscivano sui balconi, si affacciavano, cantavano e suonavano. Sembrava che con poche settimane di sacrificio e disciplina avremmo sconfitto il virus. Il primo confinamento ci aveva fatto scoprire e riscoprire la bellezza dei paesaggi e delle nostre città vuote di persone e di auto. Quanto è bella l’Italia e come siamo creativi noi italiani, lo pensavamo tutti all’inizio. E quel silenzio impagabile, mai udito. Nelle belle giornate di sole, affacciarsi e respirare l’aria diventata pulita era magnifico. Una mia amica era arrivata persino a dirmi che aprile è stato il mese più bello della sua vita. Nuovi amori sono sbocciati, coppie che si stavano allontanando hanno avuto tempo per riavvicinarsi…. Ma poi… poi non si poteva più uscire se non gironzolare intorno a casa, da soli e con il volto mascherato e poi... poi…

Chino si mise a piangere sottovoce.

-     Scusate, scusate, ma mi sento così sciocco, così stupido!

Geppo gli si avvicinò e gli mise un braccio sulle spalle e continuò il racconto.

-     Le grandi aziende e la pubblica amministrazione hanno favorito l’adozione dello smartworking, una vera rivoluzione copernicana. Gli impiegati hanno cominciato a lavorare a casa grazie alle tecnologie digitali. Internet è diventato uno strumento di lavoro e di condivisione. Anche di apprendimento si diceva, non avevamo capito che, se anche la tecnologia favoriva un’ampia fascia di lavoratori, a pagare le conseguenze della pandemia sarebbero stati i piccoli e poi anche gli adolescenti…

Fu la volta di Miren a continuare la storia.

-     Io sono maestra alle scuole elementari nella città silenziosa, nel quartiere di Baggio per la precisione. È ancora un quartiere popolare, di impiegati, negozianti, immigrati di prima generazione. I bambini sono come noi adulti, creature che amano vivere in gruppo e se stanno da soli lo fanno solo perché sono costretti. Noi umani impariamo guardando cosa fanno i nostri simili, non solo sui libri di scuola, leggendo e studiando. Impariamo ascoltando storie e ripetendole, impariamo giocando, facendo finta di essere qualcun altro. Ma davanti a uno schermo come si fa?

Lino si inserì tra un singhiozzo e l’altro di Miren.

-     Così mentre i vecchi morivano a centinaia ogni giorno, i lavoratori dei settori essenziali, sanitario, alimentare, distribuzione, poste continuavano a lavorare, per i lavoratori a distanza si creava una nuova dimensione da lavoro in bottega, solo che loro non producevano niente di niente, solo milioni di ore di conversazioni online, di connessioni interrotte, di insofferenza via via crescente nei confronti delle mura di casa. Certo, c’era il vantaggio di non sprecare più ore di vita sui mezzi di trasporto, ma la mancanza di quei piccoli rituali della vita pubblica – il caffè al bar, un nuovo paio di scarpe, il rossetto rosso fiammante, le chiacchiere alla macchinetta da caffè, il pranzo al ristorantino sotto l’ufficio… le amicizie, i flirt, le relazioni clandestine… tutto finito… tutto rimandato nel migliore dei casi…

Bimba sentì il sangue defluirle dal viso e continuò a raccontare perché all’improvviso le era tornato tutto in mente.

-     Sì, adesso mi ricordo, mi ricordo degli scrittori e degli intellettuali che si sono precipitati a pubblicare i loro diari e riflessioni dal primo lockdown, convinti che fosse tutto finito. Mi ricordo che tra un decreto e l’altro sono finiti in ginocchio i ristoranti, i bar, i cinema, gli alberghi, le agenzie di viaggio, le guide turistiche, i sistemi di trasporto, aerei e treni in testa, le discoteche, i lavoratori del settore dell’intrattenimento, i ballerini, gli attori, i registi, le guide museali, i cantanti e i musicisti. Chiuse anche le librerie e le biblioteche, senza speranza. Poi i mesi di follia estiva, il “liberi tutti” per le vacanze, gli spostamenti di massa, il delirio sui banchi a rotelle nelle scuole di ogni ordine e grado del regno, i duelli televisivi dei virologi, il virus che si era depotenziato, che stava scomparendo, i sostegni all’economia. Certo è facile criticare il governo, è sin troppo facile. Ma sfido chiunque a dover gestire una crisi di una tale portata e a non commettere errori. Vedete, già solo il fatto che siamo qui a parlarne noi cinque che non abbiamo nessun titolo per farlo, ma siamo informati, perché leggiamo i giornali, in pochi per la verità, leggiamo i titoli sui siti, Facebook, Instagram e Twitter e tutti abbiamo un’opinione su tutto, soprattutto i complottisti e i negazionisti. Così, in autunno convinti di esserne fuori, abbiamo allentato la vigilanza e adesso siamo nel pieno della seconda ondata che probabilmente è solo il preludio della terza e intanto il virus è mutato. Le città sono piene di gente a passeggio, che riempie i negozi per cenoni e pranzi, per i regali e le regole impazzite della corretta condivisione natalizia, 1 + 1 congiunto, i nonni da soli, non siete tenuti a dire da chi andate, non mangiate troppo, non siate tristi, non uscite di casa, raggiungete la vostra famiglia ma soli nei giorni gialli, in quelli rossi tutti in casa. Nessuno che dica che il virus è daltonico, che la politica deve riprendere in mano le redini dell’economia e non esserne la serva compiacente, che gli evasori fiscali vanno scovati uno a uno e pesantemente multati perché sottraggono risorse ai due pilastri fondamentali di ogni società: il sistema sanitario, dove mancano medici, infermieri, ospedali, reparti e macchinari; il sistema scolastico e universitario, dove ci sono poche risorse a disposizione e dove mancano pure qui le maestre e i maestri, i docenti, i fondi per la ricerca. Ci sono profonde ragioni storiche e socio-politiche, destra e sinistra possono spartirsi i demeriti che stanno causando questa situazione. Lo smantellamento della sanità pubblica, quasi riuscito in molte regioni è frutto delle politiche di destra. La precarizzazione del lavoro e la mortificazione dello studio, be’, qui non faccio differenze tra destra e sinistra, anzi la sinistra ha fatto peggio.

Stop! No! Fermi tutti! Questa è una favola di Natale, mica un articolo ben scritto da una persona bene informata che ci fa il riassunto dei fatti e lo infarcisce di parecchie opinioni.

Allora mia cara narratrice, come continua la tua fiaba?

Continua che dopo i racconti condivisi che erano necessari, e necessari lo sottolineo, perché la memoria labile dei social passa di continuo come un’onda sulla nostra attenzione, ecco la storia continua che Bimba adesso ricorda e per porre rimedio deve trovare lo spirito del Natale di quest’anno senza Carnevale che ha reso disoccupati Lino e Chino.

Così oggi è il 22 dicembre dell’anno senza Carnevale e questa Cronaca 289 risuona della mia passione per la sociologia e l’antropologia che già ho manifestato in Cronache passate. Devo capire, però, chi diamine è quello che mi ha interrotto lo slancio giornalistico di questo scritto. Appunto, ma tu chi sei? E cosa ci fai nella mia Cronaca?

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