mercoledì 2 dicembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/269: onde marine, farfalle leggere e neve silenziosa, così le parole ci fanno compagnia

 


Scrivere non significa compiere un movimento, significa averne compiuti almeno due o forse tre e poi arrivare a riva con parole nuove.

Un tempo in quattro quarti, sì forse davvero scrivere è anche questo: vivere, ricordare, immaginare, scrivere.

Vivere, ricordare, immaginare, scrivere. Leggere, leggere, leggere e poi scrivere.

A onde di intensità sempre maggiore le parole arrivano dal loro oceano, molto simile a un mare temperato, e anche le sillabe seguono lo stesso tempo in quattro quarti.

Dal luogo misterioso dell’origine, dal luogo misterioso della mente, dalla rete che tiene insieme mente e mano; e per finire dalla mano alla carta o al computer.

Sono luminose queste onde di parole e brillano anche senza luce, senza stelle e senza sole. Il loro sfavillio è frutto di un’energia interiore che le fa brillare, un po’ come le lucciole d’estate.

Ce ne accorgiamo quando apriamo un libro e leggiamo. Grande è lo stupore delle parole che si spigionano in un nuovo firmamento dove ci muoviamo come esploratori in una terra nuova senza mappe e bussole per orientarci.

La vita da lettore, la lunga vita da lettore che ho alle spalle, mi hanno resa ancor più sensibile alle parole, al loro sfolgorio, alla caduta, alle altezze vertiginose che a volte la lingua può raggiungere.

Il mare è il primo luogo che associo alle parole, alle parole-onde, alle parole-naufraghi, alle parole-zattere. Ci sono sempre stelle marine a riva e pesci che guizzano e mi ricordano che questo mare è molto più vasto e profondo di quanto io non riesca a vedere da riva.

Sono molti i luoghi dove la mia immaginazione colloca la vita delle parole, scritte, pronunciate o lette.

Un altro dei miei luoghi d’elezione è il mio giardino nella terra delle Montagne della Nebbia. Qui nel giardino, oggi ricoperto di neve, le parole zampettano come passeri, svolazzano come farfalle, volteggiano come api.

Sono i primi fiori che sbocciano a primavera, sono le rose tardive ora piegate sotto il peso della neve, sono i frutti che maturano dopo la fioritura.

E quante parole-foglie, quante parole-radici e quante parole-alberi in questo giardino incantato.

Ne porto con me tantissime, mi seguono in sciame e si dispongono in giro per casa. Qui è pieno di luoghi per poter sostare e riposarsi.

Alcune parole scelgono il fuoco e bruciano in pochi istanti. Altre scelgono la ciotola delle arance e si posano come un vento leggero.

Molte scelgono un libro dove poter cercare parenti vicini e lontani, e sorridono quando scivolano tra le pagine come una vecchia fotografia che ci racconta di un tempo andato.

Adesso sto qui, accanto al camino, tranquilla, dopo aver passeggiato sotto la neve che è scesa copiosa. Nella città silenziosa mi dicono che si è giù tutta sciolta, ma io preferisco restare qui dove l’inverno ci ha chiamato con la sua lingua di ghiaccio e noi abbiamo risposto, altro non si poteva fare.

Oggi è mercoledì 2 dicembre del primo anno senza Carnevale e senza Natale. Le parole continuano a vorticarmi intorno e mi annunciano poesie che presto arriveranno e neve fresca e silenziosa anche nella notte che verrà.

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