sabato 5 dicembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/272: le finestre illuminate scrivono il vocabolario della notte

 


Amo moltissimo contemplare il cielo, osservare il movimento delle nuvole, il passaggio del vento che smuove le foglie, il volo delle rondini poco prima del tramonto e poco dopo l’alba.

Ho passato non so quante ore della mia vita a guardare verso l’alto, ad ammirare tutto ciò che resiste alla forza di gravità e allo stesso tempo ho amato e allo stesso modo amo tutto ciò che dal cielo cade.

Le stelle cadenti d’estate e da bambina credevo fossero le stelle marine quel che le stelle celesti erano diventate.

Ciò che cade dal cielo non ha mai fine e solo a noi sembra che qualcosa attenui la caduta o accolga ciò che scende.

Mi piace guardare il vorticare delle foglie che l’albero lascia cadere ma il vento non depone sulla strada. L’altro giorno camminavo e una foglia mi è atterrata dolcemente sulla spalla. Allora l’ho raccolta e sono stata a lungo indecisa se portarla con me e imprigionarla tra le pagine di un libro.

Ma poi sono tornata sui miei passi e l’ho deposta ai piedi del suo albero per far sì che tornasse alla terra e dalla terra potesse dare all’albero nuova linfa.

Amo contemplare i fiocchi di neve, lo scrivevo giusto ieri, e immaginare un destino di gioia per ciascuno.

Più di tutto amo guardare la pioggia e camminare sotto la pioggia, a volte anche senza ombrello se la stagione è calda e l’acqua piovana può essere un refrigerio.

Oggi la pioggia è un muro ostinato e grigio che avvolge ogni cosa e ha reso invernale tutto il paesaggio intorno a me.

Non è vasto il mondo che posso guardare dalle mie finestre e dalla ringhiera, sono soprattutto case e altre case, le Tre Torri di City Life in lontananza, la scuola elementare e la biblioteca di quartiere, le mura rosse che cintavano la fabbrica De Angeli – Frua prima dei grandi bombardamenti del 1943.

Le finestre illuminate scrivono il vocabolario della notte e gioco sempre a immaginare le vite degli altri che stanno dietro quegli occhi aperti sul vuoto del cielo.

Ci sono poche luci di Natale nel quartiere, ma tantissime auto in lontananza, come non ne sentivo passare da parecchie settimane.

È il tempo delle sospensioni quello che stiamo vivendo, come e quando ne usciremo ancora non è chiaro.

Ma almeno abbiamo il cielo da guardare, le voci amate che ci fanno compagnia, una foglia planata sul davanzale.

E poi c’è la pioggia che non porta solo tristezza, la pioggia è un messaggio celeste che ci ricorda quanto terra e cielo stiano l’uno nelle braccia dell’altro.

Questa è la Cronaca 272 e oggi è sabato 5 dicembre dell’anno senza Carnevale. Ho raccolto un po’ di pioggia nell’incavo delle mani e l’ho conservata per le poesie che verranno, insieme alla rosa e all’ultima foglia.


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