domenica 2 giugno 2013

La gioia di scrivere

Piacere. Gusto, Com'è raro sentire usare queste parole. Com'è raro vedere la gente vivere o, a proposito, creare, sottomettendosi a loro. 
Eppure se mi chiedessero di nominare i principali componenti della natura di uno scrittore, le cose che formano il suo materiale e lo spingono lungo la strada per la quale vuole andare, io potrei solo consigliare di seguire il proprio piacere, il proprio gusto.
Avete il vostro elenco di scrittori preferiti; io ho il mio. 
Dickens, Twain, Wolfe, Peacock, Shaw, Molière, Jonson, Wycherly, Sam Johnson. 
Poeti: Gerard Manley Hopkins, Dylan Thomas, Pope.
Pittori: El Greco, Tintoretto.
Musicisti: Mozart, Haydin, Ravel, Johann Strauss (!).
Pensate a tutti questi nomi e penserete a grandi o piccoli, nondimeno importanti, piaceri, appetiti, desideri. 
Pensate a Shakespeare e a Melville e penserete al tuono, al fulmine, al vento.
Conoscevano tutti la gioia di creare in forme grandi o piccole, su canovacci illimitati o ristretti. Questi sono i figli degli dei. Conobbero la gioia nel proprio lavoro. Non importa se la creazione arrivò con difficoltà, qui e là lungo la strada, o se le malattie e le tragedie toccarono le loro vite più intime. Le cose importanti sono quelle che ci sono arrivate dalle loro mani e menti, e queste scoppiano di vigore animale e vitalità intellettuale. I loro odi e i loro sconforti sono stati trattati con una specie di amore.
Guardate l'allungamento di El Greco e ditemi, se potete, che non provava gioia nel suo lavoro. Potete veramente sostenere che Dio che crea gli animali dell'universo del Tintoretto è un lavoro fondato su altro che non sia il "divertimento", nel senso più ampio e più pienamente sviluppato del termine?
Il Jazz migliore dice "Gonna live forever; don't believe in death". (Vivrai per sempre, non credere alla morte).
E la migliore scultura, come la testa di Nefertiti, dice e ripete "La Bellezza è stata qui, è qui, e sarà qui per sempre". 
Ciascuno degli uomini che ho nominato ha raccolto un pizzico di argento vivo dalla vita, l'ha conservato nel tempo e ha costretto, nella fiamma della propria creatività, a voltarsi verso di esso e dire "Non è forse bello?". Ed era bello.
Cos'ha a che fare tutto ciò con lo scrivere i racconti dei nostri tempi?
Solo questo: se scrivi senza piacere, senza gusto, senza amore, senza divertimento, sei solo un mezzo scrittore.
Significa che sei così occupato a tenere d'occhio il mercato o a prestare orecchio al versante avanguardistico, che non sei te stesso. Non conosci neanche te stesso. 
Prima di tutto uno scrittore dev'essere, è, agitato.
Dev'essere una cosa di febbri e entusiasmi.
Senza questa forza, farebbe bene a uscire a raccogliere pesche o a scavare dei fossi. Dio sa che sarebbe meglio per la sua salute.
Quanto tempo c'è voluto perché voi scriveste una storia dove il vostro vero amore e il vostro vero odio finissero sulla pagina? Quand'è stata l'ultima volta che avete avuto il coraggio di abbandonare un pregiudizio che vi è caro e allora la pagina è stata come illuminata da un fulmine? Quali sono le cose migliori e le peggiori della vostra vita, e quand'è che comincerete a sussurrarle o a gridarle?

Ray Bradbury
La gioia di scrivere in
Lo zen nell'arte della scrittura
Libera il genio creativo che è in te
traduzione di Paolo Nori e Salim Catrina
DeriveApprodi 2000

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