Erano tre i regni dove Irène Némirovsky abitava e dove abitò per
tutta la vita, nonostante l’esilio: l’immaginazione, i libri, la lingua
francese. Nata Irma Irina a Kiev in una famiglia dell’alta borghesia ebraica,
sin dall’infanzia la futura scrittrice attraversò e sopravvisse ai più tragici
eventi della storia. Ben due volte la città fu sconvolta da pogrom,
come spesso accadeva a quell’epoca nell’impero Zarista. A tre anni si salvò
perché la cuoca le mise al collo la sua croce ortodossa e la nascose dietro un
letto.
La vita solitaria causata da una vita familiare poco regolare, dove Leonid il
padre, diventato Léon dopo l’immigrazione definitiva in Francia, era occupato
dai suoi affari, e dove la madre Anna - Fanny in onore della nuova patria - era
occupata a mantenersi giovane e bella per non perdere il favore dei molteplici
corteggiatori e amanti, favorì nella bambina lo sviluppo delle facoltà
particolari che avrebbero poi sostenuto la sua vocazione di scrittrice. La
solitudine sviluppò le sue inclinazioni verso il libero uso dell’immaginazione
e le letture precocissime, ma la Francia e la sua lingua furono un dono
involontario dei genitori. Era abitudine tra i russi ricchi e aristocratici
trascorrere lunghi periodi dell’anno in Francia e il francese era la lingua
della nobiltà e delle classi elevate. Durante i lunghi soggiorni invernali
nelle città termali, in Costa Azzurra e a Parigi, lo spirito stesso della
Francia e del suo dolce vivere, permearono l’anima di Irène, al punto che le
venne riconosciuto già negli anni Venti di essere una delle più grandi
scrittrici francesi; così scriveva di lei il critico Henri Régnier: «Némirovsky
scrive il russo in francese».
Mentre i genitori seguivano i loro affari, la piccola era affidata alle cure
della governante Marie detta Zézelle che profumava di sapone fine ed essenza di
violetta e le insegnava canzoni e proverbi francesi, mentre lei languiva per la
mancanza di attenzioni e di carezze paterne e materne. «La sua fu peraltro
un’esistenza quasi da orfana, anche se l’abbandono le procurava un piacere
sconosciuto: quello di osservare la propria vita a distanza». Questa dote fu
uno dei motivi che rendevano così speciale la creazione artistica della
Némirovsky. Le sue capacità descrittive, con poche immagini e parole chiare,
sono formidabili, i suoi libri trascinano subito il lettore nel luogo preciso,
nel paesaggio della storia. Con la descrizione di gesti essenziali e scarni, i
suoi personaggi rivelano l’essenza del carattere, le meschinerie, la
cattiveria. La madre bella e distante, alta e ben fatta, non sfuggirà alle
cronache e reinvenzioni filiali.
Tutte le madri dei romanzi e racconti della Némirovsky ritraggono Fanny, ma è
in particolare in Jezabel, che la penna della scrittrice trova la
sua vendetta. «Gli anni erano passati per Gladys con la rapidità dei sogni. E a
mano a mano che invecchiava, sembravano ancora più lievi, le parevano essere
volati via ancora più in fretta. Ma le giornate erano lunghe, e certe ore
pesanti e amare. Non le piaceva stare sola: non appena intorno a lei cessava il
cicaleccio delle donne, non appena si spegneva l’eco dei discorsi d’amore,
sentiva in cuore una sorda inquietudine». Anche il padre non venne risparmiato
dallo sguardo totale della Némirovsky. David Golder è il suo
ritratto puntuale e svela che dietro la corazza sfavillante e spietata
dell’affarista geniale, che comprava l’amore e il quieto vivere in famiglia con
fiumi di denaro, viveva ancora l’impavido ragazzino ebreo “sognatore del
ghetto” che era partito in cerca di fortuna. Una copia di ciascuno di questi
romanzi fu l’eredità che Fanny lasciò alle figlie di Irène, Denise e Élisabeth.
Glieli fece trovare chiusi in cassaforte, lei che aveva rifiutato di
accoglierle, orfane e spaventate alla fine della guerra, arrivando a dichiarare
che lei non aveva nipoti.
Ma siamo ancora Kiev, prima che il destino prendesse forma e costringesse i
Némirovsky alla fuga in Francia. La dolcezza di Kiev stordita dalla primavera è
eterna: «Com’è bella la primavera in quel paese! Le strade erano fiancheggiate
da giardini, l’aria profumava di tiglio, di lillà, e un’umidità lieve saliva da
tutte quelle aiuole, da quegli alberi stretti gli uni contro gli altri che
spandevano nella sera il loro profumo zuccherino». Quel clima era pericoloso
per la piccola Irocka che soffriva di asma. «Nei giorni caldi dell’estate, la
campanella del venditore di gelati, le corolle schiacciate al passaggio o
gualcite fra le mani, troppa erba, troppi fiori, un profumo troppo soave, che
turba e intorpidisce la mente; troppa luce, uno splendore selvaggio, il canto
degli uccelli nel cielo». La vita faticosa e impaurita degli ebrei del ghetto e
quella noncurante e sfarzosa degli ebrei dei quartieri eleganti in collina, è
raccontata con pari intensità. La scrittura di Irène è dunque prima di tutto
una scrittura di testimonianza e di salvaguardia della memoria. Niente di
quello che lei ha visto e vissuto è andato perduto e la vita avventurosa dei
suoi libri è proseguita anche nel nuovo secolo. La precisione, la ricchezza di
dettagli e informazioni, la consistenza dei personaggi, sono frutto di un
lavoro preparatorio rigorosissimo. I suoi biografi scrivono che «Irène
Némirovsky ha spiegato spesso che, prima di iniziare a scrivere, riempiva
interi quaderni di dati biografici su ogni singolo personaggio - la fase che
lei definiva la “vita anteriore del romanzo”. Poi rileggeva, censurando e
commentando, ed esprimendo appassionanti riflessioni sul suo mestiere di
scrittrice». La vita monotona, in cui i libri sostituivano la realtà, si interruppe
bruscamente durante la Rivoluzione. Tra il 1917 e il 1919 la Russia cambiò
volto, le città e i possedimenti imperiali furono saccheggiati, alla famiglia
Némirovsky non restò che cercare riparo all’estero. Nel romanzo Il vino
della solitudine è rievocata la fuga da San Pietroburgo che li portò,
dopo varie peripezie e una lunga sosta in Finlandia, a stabilirsi a Parigi dove
Irma Irina ebbe in dono il nome Irène e una nuova patria. Parigi era anche un
ritorno all’infanzia. A Parigi l’attendevano il jazz, la scrittura e l’amore.
Nel 1921 a diciotto anni appena compiuti, vendette a una rivista di dubbia fama
i primi racconti e quando passò a ritirare il suo compenso stupì, per via della
giovane età, l’editore. Quando Irène ebbe compiuto i venti anni, il padre la
sistemò in un appartamento indipendente dove ella poté darsi davvero alla pazza
gioia. Nonostante la libertà, gli amori, il senso di rivalsa nei confronti
dell’odiatissima madre che invecchiando le faceva godere della vendetta, la
gioventù della Némirovsky fu bruciata da uno stupro, raccontato nel Vino
della solitudine e da pensieri molto seri di suicidio che la
sfiorarono molto da vicino. Dopo quattro anni di vita sregolata nel 1924
completò gli studi alla Sorbona e incontrò l’uomo con il quale avrebbe diviso
la vita, Michel Epstein, «un piccoletto bruno dalla carnagione scura» come
Irène scrisse all’amica del cuore Madeleine nel 1925. Moscovita, nato nel 1896,
figlio di un banchiere, Michel viveva a Parigi con la famiglia dal 1920. Prima
di incontrarlo la scrittrice aveva già scritto, durante i soggiorni estivi
sulla costa basca, Il bambino prodigio e Il malinteso.
Quei luoghi le erano così cari che vi trascorse tutte le estati sino al 1939. Il
malinteso uscì nel 1926 e il 31 luglio dello stesso anno Irène e
Michel si sposarono. La casa dove andarono ad abitare era grande e
confortevole, la giovane coppia aveva al suo servizio una cameriera e una
cuoca. Irène poté dedicarsi alla scrittura e riscrittura di David
Golder sino al 1929 conducendo al contempo una vita agiata e
divertente. Durante tutti gli anni del matrimonio lei scriveva mentre Michel
lavorava in banca. Il patto era che lei scrivesse solo durante il giorno e
mezz’ora dopo cena, quando il marito l’aiutava copiando a macchina i suoi
manoscritti. Durante la gestazione di David Golder, pubblicò sotto
falso nome il romanzo La nemica dove regolava ancora e non una
volta per tutte, i conti con sua madre. Un altro dei suoi racconti più
spietati, Il ballo, venne scritto durante una pausa dell’altro libro.
Una volta terminato, David Goldervenne spedito all’editore Bernard
Grasset che lo lesse e decise di pubblicarlo immediatamente. Scrisse quindi
allo scrittore Epstein, questo il nome che accompagnava il manoscritto, ma non
ebbe risposta per diverse settimane. La spiegazione era semplice, anche se a
lui rimase ignota per qualche tempo. Irène era impegnata a mettere al mondo
Denise France Catherine. Quando Grasset, tre settimane dopo il parto, si vide
comparire davanti quella giovane donna, quasi non credette possibile che lei
fosse l’autrice di un libro di tale potenza. Mise in campo tutta la sua forza
editoriale per creare un caso letterario e ci riuscì. Tutti i critici scrissero
di questo libro, tutti i lettori lo volevano leggere e sia il cinema che il
teatro se ne contesero la messa in scena. Dopo il grande successo seguirono tre
anni di blocco anche se Grasset pubblicò il racconto Il balloche
era già stato scritto. Il mondo letterario dovette aspettare sino al 1932 con L’affare
Courilov, per avere conferma dello straordinario talento della giovane
russa. Non le mancarono accuse di anti-semitismo per via della crudezza dei
suoi personaggi, ma lei se ne stupiva e scherniva rivendicando sempre
l’orgoglio di appartenenza a una cultura, una storia e una religione, anche se
proprio alla dimensione spirituale dell’ebraismo non era mai davvero stata
vicina. I romanzi successivi uscirono con regolarità e la fama si ingrandì. I
motivi che la spingevano a scrivere erano anche di natura economica e non solo
creativa, soprattutto dopo la morte di Léon avvenuta nel settembre del 1932,
che le aveva lasciato un’eredità modesta rispetto al ricchissimo patrimonio che
possedeva. Tutti i beni finirono nelle mani di Fanny che si guardò bene dal
dividerli con la figlia. In quegli anni si sa che Irène leggeva e rileggeva i
racconti di Katherine Mansfield Preludio e Alla baia.
Il tema del romanzo La pedina sulla scacchiera sono i tremendi
anni Trenta arrivati come una sorta di punizione dopo i dissoluti anni Venti.
Anche per questo romanzo è stata tracciata la “vita anteriore” che accompagnava
ogni suo scritto. L’ascesa al potere di Hitler viene raccontata nella
corrispondenza della scrittrice che, all’amica Néné, si dice certa che ci sarà
di nuovo la guerra e «vedrete che sarà la morte». Come ricordano i suoi
biografi dal 1926 al 1940, la Némirovsky non ha fatto altro che scrivere un
unico, immenso, lunghissimo romanzo, a partire da Il ballo per
arrivare a I cani e i lupi. «Comincio a scrivere, in una minuta
informe, il romanzo vero e proprio e nel contempo le riflessioni che esso mi
suggerisce, il “diario del romanzo”, per usare l’espressione di André Gide. Poi
lascio riposare il tutto, sforzandomi di non pensare più alla letteratura.
Quando lo riprendo, tutto sembra organizzarsi, costruirsi da sé».
Nel 1933 passò all’editore Albin Michel che sarà il custode della mole dei suoi
manoscritti, riportati alla luce solo di recente. Parigi è la cornice di molti
dei suoi libri e allo stesso tempo anche il luogo che ne favorisce la
scrittura. Tra Saint-Gérmain e le Tulieries si siederà con il quaderno in
grembo e scriverà respirando la città e allo stesso tempo estraniandosene. Fatti
i conti, tra il 1935 e il 1942, lei avrà scritto 9 romanzi, una biografia e 38
racconti. Le sue opere tradotte e portate in scena in tutto il mondo sono la
fonte principale di entrate della sua famiglia. Nel 1935 la piccola Denise sarà
la prima a ottenere la cittadinanza francese. Nel 1937 nasce Élisabeth, la sua
futura biografa. Ma non bastarono né la fama letteraria, né le relazioni
sociali, né tanto meno la conversione al cattolicesimo di tutta la famiglia nel
febbraio del 1939, a costruire la rete di salvezza in cui lei e Michel
speravano. Nessuno dei due riuscirà mai a ottenere la cittadinanza francese,
anche se neppure questo avrebbe potuto salvarli. L’odio razziale si strinse
sempre più intorno a loro come una rete cui è impossibile sfuggire. Quando scoppiò
la guerra il 3 settembre 1939, era una giornata estiva ancora piena di promesse
e la famiglia era in vacanza sulla costa basca. Il rifugio durante la guerra fu
Issy-l’Évêque, un paesino della Borgogna dove il cibo e la quiete non
mancavano. Alloggiata all’Hotel des Voyageurs, la famiglia riusciva a condurre
una vita di quasi normalità, nonostante le notizie tremende che arrivavano da
Parigi e dal fronte. L’ultimo quaderno da cui non si separava mai, era il
manoscritto di Suite francese, il libro che ha restituito il suo
nome alla fama che merita.
Nonostante il pericolo ormai evidente, Irène e Michel non riuscivano a
risolversi di scappare o nascondersi. Il 16 luglio 1942 lei venne arrestata e
il giorno dopo insieme ad altre decine di ebrei francesi mandata ad Auschwitz.
Il 19 luglio all’arrivo le donne, dopo essere state private di abiti e
gioielli, vennero rapate, vestite con i mesti abiti a righe che abbiamo
imparato a conoscere e marchiate con i numeri dal 9550 al 9668. Gli uomini, per
la maggior parte provenienti da Parigi, erano operai e artigiani, furono
marchiati con i numeri dal 48.880 al 49.688. Irène sopravvisse solo un mese,
nel certificato redatto ad Auschwitz, è scritto che il decesso avvenne alle 15
e 20 del 19 agosto 1942 a causa di un’influenza, molto più probabilmente di
tifo. L’ultima lettera che riuscì a scrivere per la sua famiglia iniziava con
le parole «Mio amato, mie piccole adorate». Di lei resta un’immagine netta e
felice contenuta nel famoso quaderno di Suite francese, la nota è
datata 11 luglio ’42, Bosco della Maie: «I pini intorno a me. Sono seduta sul
mio maglione blu come su una zattera in mezzo a un oceano di foglie putride
inzuppate dal temporale della notte scorsa, con le gambe ripiegate sotto di me!
Ho messo nella borsa il secondo volume di Anna Karenina, il Diario di Katherine
Mansfield e un’arancia. I miei amici calabroni, insetti deliziosi, sembrano
contenti di sé e il loro ronzio ha note gravi e profonde. Mi piacciono i toni
bassi e gravi nelle voci e nella natura. Lo stridulo “cip cip” degli uccellini
sui rami mi irrita… Tra poco cercherò di ritrovare quello stagno isolato».