domenica 21 aprile 2013

... a piedi nudi la pioggia non potrà danzare

Ho visto il nuovo film di François Ozon Nella casa. Mi aspetto sempre grandi cose da lui e il film è un bel film, i protagonisti all'altezza dei personaggi, la storia avvincente. In estrema sintesi è la storia di Germain, un professore di lettere in un liceo, e scrittore fallito per mancanza di talento, che ha pubblicato un unico romanzo "Il bambino della tempesta", e il suo giovane e inquietante allievo Claude che invece di talento straborda. Claude intriga il maturo professore con un tema che racconta la sua ossessione per la casa e la famiglia del compagno di classe Rapha. Germain non resiste al racconto e sempre più avido di storie spinge e sostiene l'allievo in tutti i modi, legali e illegali, che gli vengono in mente. Le storie non sono solo lette da Claude alla moglie Jeanne, gallerista che combatte con l'insensatezza dell'arte contemporanea, ma diventano scene che lo spettatore vive dalla prospettiva dell'intruso Claude. Germain vive dell'amore per la letteratura e il talento di Claude sembra diventare il riscatto del suo fallimento. Per tutto il film Ozon non fa altro che mostrarci il voyeurismo degli artisti, almeno di un certo tipo di artista, che saccheggiano la realtà e le vite degli altri (ricordate anche questo film meraviglioso e perfetto?) come vampiri insaziabili e ne fanno narrazioni e letteratura. Se Czeslaw Milosz scriveva "Quando in una famiglia nasce uno scrittore, per quella famiglia è la fine", Ozon dice che se è lo scrittore a voler spezzare i legami di una famiglia ne uscirà spezzato. Claude conoscerà senza neanche avere pubblicato una parola il sapore del fallimento e Germain la perdita di ogni cosa. Dunque gli scrittori potranno anche essere ladri di vite altrui, ma alla fine loro si limitano a guardare e a scrivere mentre gli altri vivono. Quel che non mi quadrava, già mentre ero nel cinema, è che manca nell'ipotesi di Ozon un elemento fondamentale della creazione letteraria, cioè l'immaginazione. Non basta guardare, ma è necessario guardare, non basta scrivere, bisogna avere letto molto per scrivere e niente di tutto questo basta per scrivere, se l'immaginazione non avvolge ogni scena vista, ogni pagina letta, ogni conversazione ascoltata e le trasforma in visione singolare. Che è appunto quello che fa di un'artista un'artista: la singolarità del suo sguardo. E forse alla fine quel che mi è mancato nel film, è sentire la felicità della scrittura, perché chi scrive lo fa anche per essere felice come possono essere felici quelli che scrivono.

P.S. il titolo del post è un frammento della poesia che il giovane Claude aspirante seduttore ha scritto per la donna che vuole conquistare.

E.P.

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