domenica 7 aprile 2013

La scrittura è un luogo privato

Quando scrive le capita di immaginare la reazione di chi la leggerà?

«La scrittura è un luogo privato, nel quale non permetto a nessuno di entrare. Non penso mai alla pubblicazione ed è per questo che ho così tanti manoscritti chiusi in un cassetto, quasi come la stanza segreta di Barbablù. La maggior parte della mia produzione letteraria non è stato pubblicata. Quando dico che la scrittura mi ha salvata non voglio usare una metafora vuota. Nel mio caso è tecnicamente vero. Penso che continuerei a scrivere anche se, per disgrazia, non avessi più un editore». 

Finora la sua vena creativa non si è esaurita. Non pensa mai di prendersi un anno di pausa tra un titolo e l' altro? 


«Non potrei farlo, rovinerei la mia salute. Da più di vent' anni ho lo stesso rito quotidiano. Sveglia alle quattro del mattino, tè nero a digiuno e almeno quattro ore di scrittura. Carta e penna, senza computer. Poi vado nel mio ufficio per rispondere alle lettere che mi arrivano. Senza questa routine sarei persa». 

Barbablù è il suo ventunesimo romanzo. È riuscita a individuare un filo conduttore in tutti i suoi libri? 

«Di solito inizio pensando a due persone e a come si possono scontrare. Mi interessa il tema del conflitto, la relazione problematica all'altro che soggiace al desiderio e, in definitiva, anche al senso dell' esistenza».


Amélie Nothomb intervistata da Anais Ginori 
su Repubblica di oggi 6 aprile 2013
in occasione dell'uscita del nuovo romanzo 
Barbablù
traduzione di Monica Capuani
Voland edizioni 2013

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