venerdì 17 agosto 2012

Dello scrivere in prima persona


Quando cominci a scrivere in prima persona, se le storie sono rese così reali che la gente ci crede, la gente che le legge quasi sempre pensa che le storie siano davvero successe a te. Questo è naturale perché quando le stavi inventando dovevi farle succedere alla persona che le stava raccontando. Se lo fai in modo sufficientemente efficace, accade che la persona che sta leggendo finisce col credere che le cose siano successe anche a lei. Se riesci a farlo stai cominciando a ottenere quello a cui miravi, cioè fare qualcosa che diventerà parte dell’esperienza del lettore e parte dei suoi ricordi. Ci devono essere delle cose che lui non ha notato leggendo il racconto o il romanzo che, senza che lui lo sappia, entrano nei suoi ricordi e nella sua esperienza in modo da essere parte della sua vita. Fare questo non è facile.
Quello che, se non facile, è quasi sempre possibile fare ai membri della scuola investigativa di critica letteraria è provare che l’autore di narrativa scritta in prima persona non può ragionevolmente aver fatto tutto quello che il narratore ha fatto e, forse, niente del tutto. Quale importanza abbia questo o che cosa provi se non che l’autore non è privo di immaginazione o di capacità inventiva io non l’ho mai capito.
Nei primi tempi in cui scrivevo a Parigi io inventavo non solo sulla base della mia esperienza ma anche delle esperienze e delle conoscenze dei miei amici e di tutte le persone che avevo conosciuto, o incontrato da quando ero in grado di ricordare, che non erano scrittori. Ho sempre avuto  la fortuna che i miei migliori amici non fossero scrittori e di aver conosciuto molte persone intelligenti capaci di raccontare.

Ernest Hemingway
Festa mobile
traduzione di Luigi Lunari
edizione restaurata
Oscar Mondadori giugno 2011

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