giovedì 6 febbraio 2014

Scrivere è credere nella forza dell'immaginazione

… I miei romanzi e miei racconti sono a volte più fantastici, a volte meno. Ma la scrittura non cambia. In questo romanzo è stato come negli altri. Ho nuovamente sentito la stessa brezza: ricevo notizie dall'altra parte.

È sempre stato così?

La prima volta mi è successo con Nel segno della pecora, trent'anni fa. Ero seduto alla scrivania, quando di colpo è comparsa davanti a me una strana creatura, il pastore. Veniva dall'altra parte. Non sapevo chi fosse, né che cosa volesse da me. Sapevo però di averne bisogno. Mi stava arrivando una notizia. Quindi l’ho descritto. Di più non ho dovuto fare.

Come prende queste visioni? Lei è religioso?

No, ma credo nella forza dell'immaginazione. E che non c’è solo una realtà. Il mondo vero e un altro mondo irreale esistono entrambi, e sono strettamente collegati. Talvolta, si mischiano. E quando voglio, quando mi concentro con molta forza, posso passare all'altro. Posso anche andare e venire. Questo è ciò che accade nella mia narrativa. Le mie storie si svolgono qualche volta da una parte, qualche volta dall'altra. Ormai non sento la differenza.

È una sorta di spiritismo letterario?

È qualcosa che ha a che fare con la scrittura. Con le cose che mi vengono incontro nell'immaginazione e che mi aiutano a scrivere la storia. Possono essere unicorni, pecore, elefanti, gatti, ma anche l’oscurità o la musica. Tutto ciò acquisisce un’anima soltanto quando ne scrivo. È una forma di animismo. Le cose mi vengono incontro senza che io le richiami. Devo solo concentrarmi molto.

Lei parla di queste cose come se esistessero da sempre.

A volte mi sento un narratore della preistoria. Gli uomini che mi ascoltano stanno seduti in una caverna. Sono intrappolati perché fuori piove. Ma anch'io ci sono e racconto loro qualche storia. Sono circondato dall'oscurità, però quegli elementi spirituali stanno attorno a me, devo solo acchiapparli. So naturalmente quanto sia terribile la vita nella caverna. Il mio compito consiste quindi nel fare scordare quella vita a chi mi ascolta. È per questo che ho sviluppato una tecnica. Anche se alcuni sono convinti che non sia determinante, è solo grazie alla tecnica che una storia diventa anche una buona storia.

Come ha sviluppato questa tecnica?


Non l’ho imparata. Ho semplicemente scritto e continuato a scrivere con serietà. La mia tecnica si è sviluppata da sola.

frammenti dell'intervista a Haruki Murakami di Ronald Düker
Espresso 6 febbraio 2014

Nessun commento: