Fa un cenno con la mano. Poco più che un movimento, come per dire ci sono, l'ho vista. Ma c'è davvero questo professore di 81 anni i cui pensieri sembrano portati sulla punta delle sue inconfondibili orecchie alate? Non so quanto quest'uomo abbia chiesto alla vita e ricevuto. Certo il successo accademico, i libri scritti (alcuni importanti), la politica, il ministero della Pubblica Istruzione, la Treccani, il premio Strega sembrano suggerire che a fine carriera il saldo sia largamente attivo. Eppure, tra le righe di questa esistenza tranquilla, si indovina un'irrequietezza smorzata dalla routine, una vita che va oltre quell'insieme di accorgimenti retorici con cui la si racconta, apparentemente senza dolore, senza spasmi, senza incertezze. Mi sforzo di trovare un punto di entrata, un passaggio a nord-ovest che renda questo impareggiabile cacciatore di parole anche un cacciatore di emozioni. Mi guarda, remoto ma al tempo stesso disponibile.
Com'è la vita di un linguista?
Non diversa da quella di tutti gli altri. La nostra deformazione, se così la si può chiamare, sono le parole. Scatta come un sesto senso quando queste mutano, trasformano il senso; alcune hanno successo, altre tramontano. Un po' come è la vita. Sono un termometro di ciò che accade nella società.
(...)
incipit della conversazione di Antonio Gnoli con Tullio De Mauro
Repubblica domenica 2 giugno 2013
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