C' è un suo bellissimo racconto, inserito nella raccolta La cosa nella
foresta, in cui una donna si tramuta lentamente in pietra, esempio inusuale se
guardiamo alla sua narrativa in cui il fantastico sopravanza il reale:
«In Una
donna di pietra l' aspetto reale mi sembra ancora più importante che in tutti i
racconti o romanzi che abbia mai scritto. Perché era una storia sul dolore, su
una donna che si trasforma in bellissime pietre. Solo attraverso la fantasia, in
maniera indiretta, potevo affrontare questo argomento così personale».
L'attenzione al multiforme femminile non è comunque preminente nelle sue opere
anche se, precisa, «la parola metamorfosi nella sua radice è imparentata con la
parola metafora. E la mia mente funziona per metafore».
Preponderante è invece
l' uso enciclopedico delle discipline letterarie e scientifiche, inclusa l'
attenzione per la vita delle formiche o lo studio delle chiocciole: afferma che
la forma di tutti i suoi romanzi, anche della più realistica quadrilogia
fondata sull'alter ego Federica Potter, nasce da una metafora dominante: le
lumache ne La torre di Babele, i burattini ne Il libro dei bambini
(...)
I romanzi, scrive in uno dei saggi presenti in On Histories and
Stories, nascono dalle mancanze, dalle carenze della storia: «Perché lo
scrittore osserva cose diverse dallo storico.
(...)
Quando era più giovane non possedeva il senso della forma, dice, «dovevo
riscrivere i libri venti o trenta volte, poi ho capito che devo trovarlo prima
di iniziare perché è l' unico modo per controllare la scrittura. Comincio a
lavorare alla struttura di un romanzo molto prima di pensare a personaggi,
dettagli, eventi o relazioni fra le cose. In questo modo posso rendermi conto
in una maniera quasi matematica se c' è qualcosa che non funziona».
(...)
Credo di amare la pittura perché è silenziosa e perché dà l' idea che
non ci sia il tempo» spiega. «I pittori guardano al mondo in una maniera
completamente diversa, per me i quadri sono immagini provenienti da un altrove
che non ci appartiene.
(...)
Al tentativo di rintracciare una verità ontologica è unita anche l'idea
di fondo della sua narrativa: raccontare come funziona la mente umana, nell'ipotesi suggestiva di tracciarne una grammatica:
«È vero. Siamo proprio all'inizio del metodo con il quale possiamo guardare con la neuroscienza alla
grammatica della mente. Quando ero una bambina pensavo che c' era qualcosa
dentro la testa, qui dietro, che ti guardava. Oggi, più correttamente, l'
immagine con la quale si comincia a guardare alla grammatica della mente è un
albero, con diverse radici e ramificazioni, e una struttura matematica molto
precisa».
frammenti dell'intervista di Sebastiano Triulzi a Antonia S. Byatt
Repubblica 18 settembre 2011
2 settimane fa
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