lunedì 25 giugno 2012

Scrittori di significati e scrittori di parole


Ho passato la giovinezza a credere che la conoscenza esatta dei significati potesse aprirmi il senso delle cose. Ho amato le parole difficili, le parole rare, le parole introvabili, le parole straniere. Non le parole inventate, che non sono reali. Avevo un vero e proprio culto dei dizionari. Forse tutti i giovani, anche quando non lo sanno, amano i dizionari. I lessicografi ideali sono addirittura i bambini, che conoscono pochissimo la lingua della comunità, perché ancora pensano che i significati esistano indipendentemente dalle persone. Ci si potrebbe scrivere sopra una fiaba. C’era una volta un significato… And then? Che ne è di questo significato?... Facciamo che si incontri con un bambino. E il bambino lo fraintende, cioè gli crede. A un certo punto, scopre che quel significato significa non solo ciò che dichiara: perché una sera lo vede in compagnia di alcuni adulti e vede che si comporta in a questionable manner, come una mamma che dice di essere solo la tua mamma e invece poi si rivela la mamma di altri bambini. Infatti, quel significato non era proprio un significato, ma una parola. Il significato, da solo, non esiste! La parola è un significato che entra in contatto con la gente e assume aspetti diversi, ognuno ci riconosce un po’ di sé, ognuno capisce quel che può o vuole capire. Beautiful, but…! Una mamma può essere la mamma di molti figli, anche se ciascuno di loro dirà che è la sua mamma. I know, è una favola cattiva. A un certo punto mi sono scoperta protagonista di questa favola. Esistono persone, invece, che credono all’assoluta e perfetta corrispondenza tra parole e significato per tutta la vita. Lucky them! Io non ci sono riuscita, mi dispiace. Alcuni scrittori sono così, che si esprimano in versi o in prosa. In Italia Pascoli, Gadda, Landolfi sono appunto scrittori di significati. La forma della parola serve a indicare un senso preciso, anzi è quello stesso senso, che di per sé è indescrivibile, indefinibile; che se lo vuoi definire lo distruggi come la rosa si Shelley, che non perché la scomponi arriverai alla sede del profumo.
Gli scrittori di parole, sono una razza diversa: loro pensano in frasi; il significato nasce da una somma di parole, dalle relazioni che più parole stabiliscono l’una con l’altra: prese individualmente dicono ben poco, perché hanno bisogno delle altre parole per significare. Per tali scrittori – Woolf, Stendhal, T.E. Lawrence – il significato emerge dalla catena dei rapporti tra le parole, dal discorso. Tali scrittori, a differenza degli altri, pretendono un ascoltatore; si aspettano risposte; mentre per gli altri i significati stessi sono risposte! Ogni parola, per gli scrittori di parole, significa perché si lega a qualcun’altra. Né può legarsi a qualunque altra. Ogni parola ha una sua predisposizione a simpatizzare con questa e non con quella. Ogni parola ha un suo destino, e questo si compie nella frase. Né una parola funziona solo nell’insieme della frase, ma anche in rapporto a certe parole nascoste, che non sono scritte lì, parole invisibili come fantasmi e impalpabili ma presenti come ombre: le parole che qualcuno ha già scritto e che vengono evocate da quelle che noi scriviamo. C sono frasi, catene di parole che si allungano sotto la superficie del foglio e scendono in profondità remote dove la nostra coscienza non è in grado di spingersi neanche nei momenti di massima attenzione. Gli scrittori di parole sono anzitutto lettori. Quelli di significato assomigliano di più agli scienziati, agli anatomisti, ai botanici. Catalogano. Gli altri raccolgono e si dimenticano di classificare, perché quello che trovano preferiscono disseminarlo per casa, anche a costo di smarrire qualcosa. Che libertà invidiabile! If only I…

Nicola Gardini
Le parole perdute di Amelia Lynd
Feltrinelli 2012

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