Ho passato la giovinezza a
credere che la conoscenza esatta dei significati potesse aprirmi il senso delle
cose. Ho amato le parole difficili, le parole rare, le parole introvabili, le
parole straniere. Non le parole inventate, che non sono reali. Avevo un vero e
proprio culto dei dizionari. Forse tutti i giovani, anche quando non lo sanno,
amano i dizionari. I lessicografi ideali sono addirittura i bambini, che
conoscono pochissimo la lingua della comunità, perché ancora pensano che i
significati esistano indipendentemente dalle persone. Ci si potrebbe scrivere
sopra una fiaba. C’era una volta un significato… And then? Che ne è di questo significato?... Facciamo che si
incontri con un bambino. E il bambino lo fraintende, cioè gli crede. A un certo
punto, scopre che quel significato significa non solo ciò che dichiara: perché
una sera lo vede in compagnia di alcuni adulti e vede che si comporta in a
questionable manner, come una
mamma che dice di essere solo la tua mamma e invece poi si rivela la mamma di
altri bambini. Infatti, quel significato non era proprio un significato, ma una
parola. Il significato, da
solo, non esiste! La parola è un significato che entra in contatto con la gente
e assume aspetti diversi, ognuno ci riconosce un po’ di sé, ognuno capisce quel
che può o vuole capire. Beautiful, but…! Una mamma può essere la mamma di molti figli, anche se ciascuno di
loro dirà che è la sua mamma. I know, è una favola cattiva. A un certo punto mi sono scoperta protagonista
di questa favola. Esistono persone, invece, che credono all’assoluta e perfetta
corrispondenza tra parole e significato per tutta la vita. Lucky them! Io non ci sono riuscita, mi dispiace. Alcuni
scrittori sono così, che si esprimano in versi o in prosa. In Italia Pascoli,
Gadda, Landolfi sono appunto scrittori di significati. La forma della parola serve a indicare un senso
preciso, anzi è quello stesso
senso, che di per sé è indescrivibile, indefinibile; che se lo vuoi definire lo
distruggi come la rosa si Shelley, che non perché la scomponi arriverai alla
sede del profumo.
Gli scrittori di parole, sono una razza diversa: loro pensano in frasi; il significato nasce da una somma di parole,
dalle relazioni che più parole stabiliscono l’una con l’altra: prese
individualmente dicono ben poco, perché hanno bisogno delle altre parole per
significare. Per tali scrittori – Woolf, Stendhal, T.E. Lawrence – il
significato emerge dalla catena dei rapporti tra le parole, dal discorso. Tali
scrittori, a differenza degli altri, pretendono un ascoltatore; si aspettano
risposte; mentre per gli altri i significati stessi sono risposte! Ogni parola,
per gli scrittori di parole, significa perché si lega a qualcun’altra. Né può
legarsi a qualunque altra. Ogni parola ha una sua predisposizione a
simpatizzare con questa e non con quella. Ogni parola ha un suo destino, e
questo si compie nella frase. Né una parola funziona solo nell’insieme della
frase, ma anche in rapporto a certe parole nascoste, che non sono scritte lì,
parole invisibili come fantasmi e impalpabili ma presenti come ombre: le parole
che qualcuno ha già scritto e che vengono evocate da quelle che noi scriviamo.
C sono frasi, catene di parole che si allungano sotto la superficie del foglio
e scendono in profondità remote dove la nostra coscienza non è in grado di
spingersi neanche nei momenti di massima attenzione. Gli scrittori di parole sono anzitutto lettori. Quelli di significato assomigliano di più agli scienziati, agli
anatomisti, ai botanici. Catalogano. Gli altri raccolgono e si dimenticano di
classificare, perché quello che trovano preferiscono disseminarlo per casa,
anche a costo di smarrire qualcosa. Che libertà invidiabile! If only I…”
Nicola Gardini
Le parole perdute di Amelia Lynd
Feltrinelli 2012
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