mercoledì 6 giugno 2012

La vita narrante


Quando scrive di getto, siede per ore e ore in poltrona, con un cartone sulle ginocchia che le fa da appoggio, un piccolo calamaio inserito nel cartone, un blocco di carta. È così assorta che i rumori non arrivano fino al suo corpo sprofondato in una vita più vera della vita: la vita narrante. Solo al pomeriggio risalirà alla superficie accomodandosi al tavolo e ricopiando a macchina ciò che ha scritto al mattino. Ma fin quando rimane seduta in poltrona, un guscio l’avvolge. Non vede il cielo che si ravviva o si oscura a causa delle nubi spinte dal vento, non avverte le scrollate di pioggia. Non sente la voce di Leonard che telefona, che parla di manoscritti, che riceve giovani autori. È concentrata sulla psiche, specchio impuro di tutte le convergenze, di tutte le divergenze. “Spesso ora mi tocca dominare l’eccitazione, quasi volessi trapassare uno schermo o qualcosa mi battesse accanto con violenza”. Di nuovo nello spazio astratto della stanza rischia di perdersi. Jacob ha rappresentato un esperimento troppo, troppo ventilato. Adesso occorre erigere un argine che contenga la dilagante materia; occorre adottare un preciso angolo visuale, una unità di misura. Quale? A furia di riflessione e di concentrazione Virginia finirà con l’identificare quest’angolo con l’attimo. L’attimo di pienezza, di pregnanza emotiva, (simile all’epifania joyciana, ma l’epifania ha per Joyce un significato più spirituale che emotivo), mentre l’argine sarà un’occasione limitata nel tempo: un concerto, una passeggiata, una visita, un ricevimento.

Virginia Woolf e la sua scrittura raccontata da Grazia Livi
Da una stanza all'altra 
Stanza con poltrona
Garzanti 1984

1 commento:

leparoleverranno ha detto...

Ho scoperto il tuo blog tramite "Il blog del mestiere di scrivere".
Ho l'impressione che abbiamo molto in comune... :-)
Buona giornata.
Francesca