mercoledì 23 giugno 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/472. Le rondini amano i papaveri e i tetti estivi

 


Il quaderno delle cose era un robusto taccuino rilegato in marocchino rosso che Maria “la Pisana” aveva ricevuto in dono per la Cresima. A farle il regalo era stata la zia Antonetta, sorella di latte di Melina, la madre dell’altra Maria. Ricordava molto bene quel giorno, quando fu comunicata e cresimata nelle stesso momento e meno male che mamma era riuscita a farla battezzare, anche se suo padre non era tanto d’accordo, qualche mese dopo la nascita, che comunque bisognava essere sicuri che le creature sarebbero diventate grandi, le spese per la festa del battesimo erano tante. A partire dal vestito di pizzo che anche i bambini poveri avevano il diritto di avere. Lei non era povera, ma neanche tanto ricca, però era stata battezzata con tutti gli onori e le avevano anche fatto una fotografia con quel vestitino lussuoso e la cuffietta bianca in testa, sempre di pizzo e due guance tonde e belle come due pagnottelle appena sfornate. Anche per la festa della Cresima, la bambina aveva avuto il suo vestito da piccola sposa, con i guanti e le scarpine coordinati a una borsetta dove poteva tenere un fazzolettino, caso mai si fosse messa a piangere. Quel che ricordava meglio di quel giorno erano i pettegolezzi delle altre mamme che commentavano i vestiti delle altre bambine e aveva capito così il significato della parola invidia, quel sentimento livido che impediva alla gente di godere delle fortune altrui, come se ogni cosa buona fosse stata tolta a loro. Dopo la cerimonia ci fu un rinfresco collettivo con altre famiglie nel locale di piazza Selvaggi. C’erano dolci tipici della zona, come le ginette, ricoperte di granella d’argento, torte Paradiso a tre piani, farcite di crema pasticcera con dodici tuorli, bigné lunghi che assomigliavano alle éclaires francesi e biscotti di mandorle. Poi le vennero dati i regali, una catenina con il crocefisso, una medaglietta con San Marco, un’altra medaglietta con la Madonna del Pettoruto, un po’ di soldi, un buono postale al portatore e il taccuino rosso. Non sapeva bene che farci di quel dono che arrivava dalla maestra Arnone, così quando arrivò a casa lo mise nella sua cassapanca e non ci penso più per qualche mese. Ma, poi, un giorno che stava sistemando della biancheria stirata le capitò in mano e così decise di prenderlo per guardarlo bene. E lo guardò, e lo rigirò nelle mani, respirò il profumo della pelle, sfiorò anche la carta che era color avorio ed era un invito a scriverci sopra qualcosa. Mai Maria “la Pisana” aveva immaginato di poter avere qualcosa da dire, ma proprio in quel momento le vennero non una ma ben due idee da scrivere.

La cosa numero uno è questo quaderno rilegato in pelle di capretto tinta di rosso. Questa è la prima cosa che penso e che scrivo. È bello questo quaderno, mi piace guardarlo e accarezzarlo. Per non farlo rovinare lo conserverò in una di quelle federe di cotone pesante che stanno nella cassapanca.

La cosa numero due sono le lenzuola nuove di lino che mamma ha comprato da Rosina la tessitrice. Sono belle e fresche e mi ha detto che dovrò usarle solo d’estate per stare bella fresca, mentre quelle di cotone pesante si usano d’inverno quando fa freddo e le potrò anche passare con lo scaldino prima di andare a dormire per togliere quella sensazione di umidità e di freddo che c’era nel letto d’inverno.

Aveva iniziato così il quaderno delle cose e con una certa regolarità, in quasi trent’anni, era arrivata alla cosa numero mille. Un bel numero davvero e anche molto solenne. Cosa avrebbe dovuto scrivere in quel numero così importante? Sorrise perché non era difficile a pensarci bene.

La cosa numero mille sono i paesaggi ricamati che ho deciso di fare ogni giorno e quindi arriviamo alla cosa mille e uno che è un ricamo della Fontana Banca la mattina presto.

Mentre la cosa mille e due è la grande quercia dietro la casa dell’altra Maria.

La cosa mille e tre è l’acqua profumata di San Giovanni che ho usato questa mattina per lavarmi dalla testa ai piedi.

La cosa mille e quattro è il sacchettino di fiori di lavanda pronto da mettere nella cassapanca.

La cosa mille e cinque è il profumo dei pomodori appena raccolti ancora caldi di sole.

La cosa mille e sei sono le cicale che cantano di giorno e la cosa mille e sette sono i grilli che cantano di notte.

La cosa mille e otto è la contentezza di questo momento che sto scrivendo.

La cosa numero mille e nove è quando nel pomeriggio racconterò all’altra Maria di questo quaderno delle cose. L’ho tenuto segreto sinora, ma se mi succede qualcosa voglio che lo tenga lei che è come una sorella per me.

Ecco, non aveva mai scritto così tanto, ma non tutte le cose che sentiva nel petto erano venute fuori, così scrisse una cosa che non sapeva bene cosa fosse e che aveva anche un titolo.

 

La nostalgia gridata al sole e al cielo

 

Le rondini amano i papaveri

e dopo la mietitura scendono

in picchiata a cercarli, perché

non li vedono più. Anche quei

fiori amavano le rondini, ma

non potevano impegnarsi,

sapevano che avrebbero dovuto

seguire la sorte del grano maturo.

Così piangevano i papaveri quando

cadevano sotto la falce e le rondini

impazzite gridavano tutta la loro

nostalgia al sole e al cielo.

 

 

Maria “la Pisana”, mi toccherà raccontarvi il motivo del suo nomignolo, tanto che a un certo punto la gente la chiamava solo Pisana, mentre la sua amica restò per sempre l’altra Maria.

Ora posso riporre il mio taccuino delle Cronache dagli anni senza Carnevale con questa Cronaca 472 di mercoledì 23 giugno. C’è ancora luce, fa caldo, le rondini volano vicino a questa casa, io sono in pace con il mondo e gioiosa in questa luce estiva che mi commuove ogni anno.

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