mercoledì 9 giugno 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/458. Per le mani che vi hanno toccati, per gli occhi che vi hanno guardati

 



Una delle questioni ultime intorno a cui mi arrovello è la passione di noi umani per gli oggetti. Facendo ordine tra cose appartenute alla mia famiglia d’origine, ho ritrovato una quantità di cose la cui visione ha scatenato un fluire ininterrotto di ricordi e storie.

Un vecchio telo da mare a righe bianche e rosse, mi ha riportato a un viaggio verso la Calabria, uno dei molti durante la mia infanzia, dove quel telo era stato messo sullo schienale del sedile del guidatore, cioè mio padre, e me lo ricordo bene perché quella mattina all’alba mancavano pochi chilometri al nostro arrivo a casa della nonna. Abbiamo cantato e riso ed era tutto bellissimo e non vedevamo l’ora di essere lì con lei e tutta la nostra infinita tribù di zie e zii, cugine e cugini. La mia grande gioia era anche sapere che stavo per rivedere mia cugina Mariuccia con la quale avrei trascorso tutte le settimane successive, insieme ogni minuto della giornata come due gemelle siamesi e felici di esserlo.

In un sacchetto di cotone bianco, lindo e ben stirato, altrettanto lindi e ben stirati erano riposti otto camiciole ricamate a mano, un bavaglino, una cuffietta, una mezza dozzina di ciripà in cotone cuciti all’inizio degli anni Sessanta che ho indossato prima io e poi mio fratello.

Ho anche ritrovato un plaid di lana rosso, verde, blu e nero che è stato letto e tavola di innumerevoli picnic d’infanzia. A volte con la famiglia pugliese di mia madre, altrettanto tribù di quella calabrese di mio padre, andavamo in campagna, verso Sud, nell’Oltrepò, sul Ticino, oppure in Brianza, al parco di Monza, o in qualunque altro prato disponibile dove fermarsi a mangiare, pisolare, guardare il cielo e giocare a carte. Quando avevo sette anni ho imparato a giocare a Scala Quaranta proprio in una di quelle domeniche pomeriggio, che divertente era stato capire le regole e iniziare a sfidare mia madre. Per vostra informazione: nei decenni successivi dove io ho raffinato il mio gioco e le ho pure insegnato a giocare a Pinnacola, mia madre ha continuato a vincere implacabilmente.

Decine di oggetti appartenuti ai genitori e ai nonni e ogni oggetto  custode di almeno un ricordo e di una storia. Tutti noi siamo custodi di oggetti perché amiamo le storie che si portano dentro. Per alcuni questo amore assume tinte cupe, perché gli oggetti prendono il sopravvento sulla vita e sul loro possessore, un accumulatore seriale ne è il classico esempio, un’altra forma del desiderio fuori controllo è quella dei collezionisti. Gli accumulatori si nascondono negli oggetti perché cercano protezione, i collezionisti perché cercano valore. Non voglio avventurarmi qui in spericolate e incompetenti elucubrazioni psicologiche, voglio però sottolineare che, secondo me, un po’ tutti abbiamo un rapporto animista con le cose di cui ci circondiamo. E che non buttiamo neanche quando non le usiamo più.

 

 

Nel paradiso delle cose

 

Non è un foglio qualunque, è

il foglio dove ho scritto la mia

prima poesia, è il foglio dove

tu hai scritto la tua prima poesia.

E quello non è un bicchiere, è

il bicchiere che mio padre preferiva,

e quelle sono le forbici di mia

madre, e l’orsacchiotto Lobo

era di mio fratello che non

lo lasciava mai solo perché

di notte avrebbe potuto avere

paura. L’anima delle cose è

l’anima del tempo passato,

dei nostri sguardi, della tenerezza

che abbiamo avuto e dato.

Lo so perché un giorno,

mentre gettavo un paio

di vecchie scarpette blu

con delle fibbie argentate

e me ne dispiacevo, pensare

che le avrei ritrovate nel

paradiso delle cose mi aveva

rassicurata. Bizzarra idea

dell’aldilà la mia, dove ci saranno

tutte le cose e, soprattutto, tutte

le persone che ho amato e che

mi hanno amato.


Ho riposto in un cassetto pieno di oggetti d’infanzia quelli nuovi che sono entrati oggi, mercoledì 9 maggio del secondo anno senza Carnevale, nella mia casa e in questa Cronaca 458. Nuovi in questa collocazione, eterni nei miei occhi e nello struggimento per le mani che li hanno toccati.

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