venerdì 4 giugno 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/453. Forse noi tutti non siamo che ciliegie che tornano fiori

 


Perché amiamo così tanto gli oggetti da arrivare a farne quasi una ragione di vita? Ci pensavo oggi, mentre riponevo nella mia libreria una copia dell’Eneide appartenuta a mio padre e una cucitrice da ufficio che ho visto in casa da sempre. Così ho capito che gli oggetti sono, almeno per me, unità di memoria esterne che conservano atmosfere, parole, suoni e profumi che tornano a noi non appena guardiamo o tocchiamo un oggetto e ciò accade non solo con gli oggetti che fanno parte della nostra vita da tempo. I libri poi, sono al vertice di questo olimpo profano perché conservano il testo scritto che vi è contenuto, quindi la memoria di chi lo ha scritto, le cose che ha visto, quelle che ha pensato e quelle che ha immaginato. E nel tempo è accaduto anche ai pensieri dei lettori che fanno un viaggio a ritroso e, da frutti maturi caduti dall’albero, tornano indietro e si appendono al ramo e ridiventano fiori, proprio perché forse, anche noi tutti non siamo che ciliegie che ridiventano fiori.

 

 

 

Quando l’estate è tutta tra il ciliegio e il giardino

 

Se un libro è un ciliegio grondante

frutti maturi che noi cogliamo,

non appena lo abbiamo fatto,

noi stessi diventiamo prima frutto

e poi fiore perché è proprio su quel

ramo, in quell’intreccio, tra quelle

foglie e in quel prato, che troviamo

un senso al nostro stare. Mentre

seduta sotto i rami una ragazza

legge Il garofano rosso di Elio

Vittorini e pianta il nocciolo da

cui nascerà il suo stesso ciliegio.

 

 

Era una domenica di giugno dell’anno degli esami di maturità, ero andata in gita con tutta la mia famiglia e zie, zii e cugini del ramo materno. Non ho mai più mangiato ciliegie così grandi e dolci, e lì, in quella campagna non lontana dal lago, in uno di quei pomeriggi che fanno parte delle ore belle della vita, dove ho avuto anche il tempo di stare sdraiata sul prato a leggere Vittorini e a fantasticare sul futuro e sui miei ciliegi. Il giardino ne è pieno e dopo la bellezza della fioritura ecco che il raccolto si annuncia abbondante e pieno di futuro. Forse il ciliegio è uno dei pochi alberi che mi evoca il futuro anziché il passato.

E così, rosseggiante come i miei alberi, in questo venerdì 4 giugno del secondo anno senza Carnevale, questa Cronaca 453 vi accompagna con una canzone che si intitola Playa, una cover bellissima di Francesco Bianconi, e che ho scoperto ieri sera grazie a Simone Salomoni e che dice l’estate, ma non solo e che credo abbia innescato insieme a quegli oggetti che vi dicevo, questo racconto.

P.S. nel video su Youtube c'è anche la scrittrice Sofia Ventura che legge Giorgio Caproni


Biglietto lasciato prima di non andar via di 

Se non dovessi tornare,

sappiate che non sono mai

partito.

Il mio viaggiare

È stato tutto un restare

qua, dove non fui mai.




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