Il
quaderno delle cose era un robusto taccuino rilegato in marocchino rosso che
Maria “la Pisana” aveva ricevuto in dono per la Cresima. A farle il regalo era
stata la zia Antonetta, sorella di latte di Melina, la madre dell’altra Maria.
Ricordava molto bene quel giorno, quando fu comunicata e cresimata nelle stesso
momento e meno male che mamma era riuscita a farla battezzare, anche se suo
padre non era tanto d’accordo, qualche mese dopo la nascita, che comunque bisognava
essere sicuri che le creature sarebbero diventate grandi, le spese per la festa
del battesimo erano tante. A partire dal vestito di pizzo che anche i bambini
poveri avevano il diritto di avere. Lei non era povera, ma neanche tanto ricca,
però era stata battezzata con tutti gli onori e le avevano anche fatto una
fotografia con quel vestitino lussuoso e la cuffietta bianca in testa, sempre
di pizzo e due guance tonde e belle come due pagnottelle appena sfornate. Anche
per la festa della Cresima, la bambina aveva avuto il suo vestito da piccola
sposa, con i guanti e le scarpine coordinati a una borsetta dove poteva tenere
un fazzolettino, caso mai si fosse messa a piangere. Quel che ricordava meglio
di quel giorno erano i pettegolezzi delle altre mamme che commentavano i
vestiti delle altre bambine e aveva capito così il significato della parola
invidia, quel sentimento livido che impediva alla gente di godere delle fortune
altrui, come se ogni cosa buona fosse stata tolta a loro. Dopo la cerimonia ci
fu un rinfresco collettivo con altre famiglie nel locale di piazza Selvaggi. C’erano
dolci tipici della zona, come le ginette,
ricoperte di granella d’argento, torte Paradiso a tre piani, farcite di crema
pasticcera con dodici tuorli, bigné lunghi che assomigliavano alle éclaires francesi e biscotti di
mandorle. Poi le vennero dati i regali, una catenina con il crocefisso, una
medaglietta con San Marco, un’altra medaglietta con la Madonna del Pettoruto,
un po’ di soldi, un buono postale al portatore e il taccuino rosso. Non sapeva
bene che farci di quel dono che arrivava dalla maestra Arnone, così quando
arrivò a casa lo mise nella sua cassapanca e non ci penso più per qualche mese.
Ma, poi, un giorno che stava sistemando della biancheria stirata le capitò in
mano e così decise di prenderlo per guardarlo bene. E lo guardò, e lo rigirò
nelle mani, respirò il profumo della pelle, sfiorò anche la carta che era color
avorio ed era un invito a scriverci sopra qualcosa. Mai Maria “la Pisana” aveva
immaginato di poter avere qualcosa da dire, ma proprio in quel momento le
vennero non una ma ben due idee da scrivere.
La cosa
numero uno è questo quaderno rilegato in pelle di capretto tinta di rosso. Questa
è la prima cosa che penso e che scrivo. È bello questo quaderno, mi piace
guardarlo e accarezzarlo. Per non farlo rovinare lo conserverò in una di quelle
federe di cotone pesante che stanno nella cassapanca.
La cosa
numero due sono le lenzuola nuove di lino che mamma ha comprato da Rosina la
tessitrice. Sono belle e fresche e mi ha detto che dovrò usarle solo d’estate
per stare bella fresca, mentre quelle di cotone pesante si usano d’inverno
quando fa freddo e le potrò anche passare con lo scaldino prima di andare a
dormire per togliere quella sensazione di umidità e di freddo che c’era nel
letto d’inverno.
Aveva iniziato
così il quaderno delle cose e con una certa regolarità, in quasi trent’anni,
era arrivata alla cosa numero mille. Un bel numero davvero e anche molto
solenne. Cosa avrebbe dovuto scrivere in quel numero così importante? Sorrise perché
non era difficile a pensarci bene.
La cosa
numero mille sono i paesaggi ricamati che ho deciso di fare ogni giorno e
quindi arriviamo alla cosa mille e uno che è un ricamo della Fontana Banca la
mattina presto.
Mentre la
cosa mille e due è la grande quercia dietro la casa dell’altra Maria.
La cosa
mille e tre è l’acqua profumata di San Giovanni che ho usato questa mattina per
lavarmi dalla testa ai piedi.
La cosa
mille e quattro è il sacchettino di fiori di lavanda pronto da mettere nella
cassapanca.
La cosa
mille e cinque è il profumo dei pomodori appena raccolti ancora caldi di sole.
La cosa
mille e sei sono le cicale che cantano di giorno e la cosa mille e sette sono i
grilli che cantano di notte.
La cosa
mille e otto è la contentezza di questo momento che sto scrivendo.
La cosa
numero mille e nove è quando nel pomeriggio racconterò all’altra Maria di
questo quaderno delle cose. L’ho tenuto segreto sinora, ma se mi succede
qualcosa voglio che lo tenga lei che è come una sorella per me.
Ecco,
non aveva mai scritto così tanto, ma non tutte le cose che sentiva nel petto
erano venute fuori, così scrisse una cosa che non sapeva bene cosa fosse e che
aveva anche un titolo.
La nostalgia gridata al sole e al cielo
Le rondini
amano i papaveri
e dopo
la mietitura scendono
in
picchiata a cercarli, perché
non li
vedono più. Anche quei
fiori
amavano le rondini, ma
non
potevano impegnarsi,
sapevano
che avrebbero dovuto
seguire
la sorte del grano maturo.
Così piangevano
i papaveri quando
cadevano
sotto la falce e le rondini
impazzite
gridavano tutta la loro
nostalgia
al sole e al cielo.
Maria “la
Pisana”, mi toccherà raccontarvi il motivo del suo nomignolo, tanto che a un
certo punto la gente la chiamava solo Pisana, mentre la sua amica restò per
sempre l’altra Maria.
Ora posso
riporre il mio taccuino delle Cronache dagli anni senza Carnevale con questa
Cronaca 472 di mercoledì 23 giugno. C’è ancora luce, fa caldo, le rondini
volano vicino a questa casa, io sono in pace con il mondo e gioiosa in questa
luce estiva che mi commuove ogni anno.