giovedì 29 aprile 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/417. L’attesa è solo il passato di qualcosa che avremo amato

 


 

Oggi sono ritornata a camminare in riva al fiume. Pioveva, l’acqua era verde e i salici a stento potevano specchiarsi nelle onde scure. Il sambuco si sta preparando a fiorire e il biancospino già si apre sotto questo cielo ricco d’acqua. Cammino, raccolgo foglie e fiori, soprattutto raccolgo impressioni da questo fiume che viene da un tempo ignoto e verso un altro ignoto naviga.

 

Impressioni del giorno a fine aprile

 

Il fiume non ha ponte, perché

il fiume è un ponte tra le terre

alte e il mare che già conosciamo.

Lascio che il salice mi avviluppi

tra i rami, respiro le foglie e

l’acqua verde che non parla e

mi sfiora come se fossi un pesce

che ha scambiato le branchie

con i polmoni. Incerta tra i due

respiri, resto al riparo e aspetto

che uno dei due mondi chiami

il mio nome. Aspetto e solo

il silenzio aspetta con me.

 

 

È vero che silenzio e solitudine parlano la stessa lingua, un alfabeto che dobbiamo apprendere come ogni alfabeto, come ogni lingua. Ma il silenzio e la solitudine sono tali solo in questa forma della realtà, dentro di noi una conversazione ininterrotta con le persone amate e nei sogni ancor di più incontri inaspettati, fuori dal tempo, dove qualcuno ha gridato “Il corpo è una prigione metafisica”, e allora l’essere dove dimora?

Su questa scia di interrogativi, mi sciolgo dall’abbraccio del salice e torno dove il corpo dimora, a volte senza domande, a volte senza risposte.

Oggi è giovedì 29 aprile del secondo anno senza Carnevale, pioggia qui e pioggia in ogni dimensione. Alla pioggia è meglio arrendersi e farsi piccoli, cercare rifugio sotto una foglia e ricordare che l’attesa è solo il passato di qualcosa che avremo amato.

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