martedì 6 aprile 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/394. Dove le rose non crescono, perché sono già perfette dal giorno della creazione


 


C’è un vento che spinge e un vento che sfiora; un vento trascina e l’altro scompiglia. Un vento dà voce alle foglie e un vento più forte anche ai rami. Il vento delle nuvole soffia molto in alto, il vento del mare sfiora le onde. I venti caldi ci soffocano, quelli gelidi ci intirizziscono. Il venticello di primavera è gradevole, quello d’autunno un po’ triste. Il vento scrive le sue poesie modificando il volo degli uccelli, io scrivo le mie grazie alle acrobazie che ne derivano, quando il cielo non è più soltanto un foglio da scrivere, ma è diventato un foglio da decifrare. Il vento dell’inverno mi trascina nelle steppe russe, quello dell’estate nelle isole mediterranee. I venti degli equinozi, di solito, mi tengono ancorata qui nella città silenziosa. Quello primaverile perché mi porta l’allegria dei germogli e dei boccioli; quello autunnale perché trascina vecchi giornali e foglie secche, è malinconico e capisce la mia malinconia, la fine della stagione che avanza e cieli sempre uguali sopra di noi.

Il vento a Milano continua a essere un evento, perché un tempo era raro e mai molesto. Da qualche anno sono frequenti i venti di tramontana che ti spezzano il respiro e quelli di scirocco che spezzano i pensieri. Mi chiedo, comunque, dove sarebbe la mia poesia senza tutto il vento che la abita. Avrebbe forme diverse, suoni diversi, e anche cieli differenti da attraversare. Il vento è un messaggero, il vento è sovente anche messaggio. Bisogna solo fermarsi ad ascoltare e credere nelle voci, nel coro delle voci portate dai venti. Così faccio e mi siedo su una panchina vuota nel giardinetto accanto alla biblioteca. Alzo il cappuccio sulla testa e il viso lo porgo al sole. A occhi chiusi potrei essere ovunque, a occhi chiusi viaggio senza muovere un passo e questi viaggi immaginari mi fanno felice.

 

 

Il vento in compagnia della prima rosa

 

C’è una sola rosa in fondo al

giardino, per questo la

guardo, per questo ancora

non l’ho raccolta. Le chiedo

dove preferisce stare, ma

non risponde perché sta

cantando col vento. Poi

mi sorride come sorridono

le rose, reclinando i petali

e girandosi verso il sole.

Portami con te, la sento

sussurrare, portami in

quel piccolo vaso di cristallo

che tieni sulla scrivania.

Non sarò sola, ho tutto

il vento al centro, tra

i petali, che ancora mi

racconta quelle storie

di lontano, dove le rose

non crescono ma sono

già perfette dal giorno

della creazione.

 

Mi piace lasciare al caso le mie divagazioni, mescolare le rose e il vento, i sogni con le nuvole e aspettare che un verso arrivi, che un verso non si fermi ma suggerisca qualcosa alle ombre che iniziano ad abitare il mio giardino.

Questa è la Cronaca 394 di martedì 6 aprile 2021, il secondo anno senza Carnevale ma non senza poesia.             

Nessun commento: