mercoledì 7 aprile 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/395. Sull’orlo del vento, ho soffiato quella sillaba che irretisce le nuvole e le fa tornare indietro


 

Le cose, gli oggetti che ci accompagnano nella vita quotidiana sono gli amici che rendono il nostro stare al mondo più facile e piacevole. Non basta il valore d’uso a rendere importante un oggetto, la resa estetica, il valore affettivo, i ricordi che custodisce ne danno la vera importanza per ciascuno di noi. Per questo continuiamo a usare tazze da tè sbreccate, maglioni infeltriti, vecchi quaderni mai finiti sulla scrivania. Per gli oggetti che ci sono stati donati è la forza del legame con il donatore che rende l’oggetto unico e importante. Un oggetto non è mai solo se stesso, è anche simbolo di qualcosa d’altro che per noi è importante. Gli oggetti parlano lingue diverse, rispettano codici, tramite gli oggetti ci esprimiamo, diciamo al mondo chi sentiamo di essere. Per questo gli abiti, la moda, i gioielli, gli ornamenti, segnano nei loro flussi lo spirito del tempo e lo rappresentano. Pensiamo ai capelli delle donne, alle barbe e ai baffi degli uomini, all’uso dei cappelli. Il Ventesimo Secolo ha esaurito, probabilmente, colori, tagli e fogge, ha cominciato a mescolare stili, e questo continua anche nel nuovo secolo e in questo terzo decennio appena iniziato che ha messo a tacere il breve e infinito Novecento.

Ora che siamo tutti chiusi in casa, che non possiamo mostrarci al mondo come vorremmo, è difficile immaginare come sarà la moda prossima ventura. Quando esco a passeggiare per il mio quartiere, vedo soprattutto gente in pantaloni, capelli più o meno pettinati, donne senza trucco, scarpe basse. Molte tute da ginnastica con relative scarpe, gente silenziosa perlopiù, gli unici umani che si avventurano in gruppi sono gli adolescenti, più o meno mascherati, ma diventa difficile anche arrabbiarsi con loro. Noi tacciamo e il mondo tace con noi, il mondo degli oggetti ha bisogno delle nostre intenzioni e dei nostri desideri per esprimersi.

Diverso è il modo di comunicare con il mondo naturale, con gli alberi, i cespugli e i fiori, con il cielo e le nuvole, con gli uccelli e gli insetti. Il loro essere al mondo prescinde dalle nostre intenzioni. Certo, potiamo alberi e cespugli, raccogliamo i fiori. Ma le nuvole vagano libere nel cielo, il vento si alza quando lo decide lui, e anche la pioggia ci sorprende come il freddo che ghiaccia i fiori appena sbocciati.

 

 

Il nostro desiderio di infinito

 

Due lingue almeno per parlare

al mondo, due lingue e solo

di una abbiamo creato l’alfabeto.

Forme, colori e materiali per

creare gli oggetti intorno, per

dare la nostra impronta e dire

che ci siamo. Ma per le nuvole e

il cielo possiamo solo impegnarci

a decifrare sillabe declinate in ritmi

sconosciuti che abbracciano nel

silenzio il nostro desiderio di

infinito. Così oggi per dire al mondo

che ho bisogno di più aria e spazio,

ho messo sul davanzale un piccolo

specchio che raddoppiava le foglie

nuove e il cielo. Volevo scegliere

quali nuvole inseguire, ma proprio

sull’orlo del vento, ho soffiato quella

sillaba che irretisce le nuvole e le

fa tornare indietro, le fa cadere

nel fondo dello specchio e poi

le imprigiona in questi versi

sciolti che cantano la mia

poesia, presa in trappola tra

le foglie nuove e il tuo cielo.

 

 

Così continuo a esercitarmi andando avanti e indietro tra il mondo degli oggetti e il mondo delle nuvole, tra la città silenziosa e l’Altipiano della Luna e le terre ai piedi delle Montagne della Nebbia. Siamo sempre tutti in bilico tra almeno due mondi e la poesia è il ponte che li avvicina.

Questa è la Cronaca 395 di mercoledì 7 aprile del secondo anno senza Carnevale ma con la nuova poesia Il nostro desiderio di infinito che ho scritto guardando il cielo riflesso nello specchio.

Nessun commento: