lunedì 16 novembre 2015

la disperazione volge in estasi e i duri frutti delle stelle crescono nel cielo

E se Eraclito e Parmenide
avessero ragione contemporaneamente
e due mondi esistessero affiancati
uno tranquillo, l’altro folle; una freccia
scocca immemore, e l’altra indulgente
la osserva; lo stesso flutto si frange e non si frange,
gli animali nascono e muoiono nello stesso istante,
le foglie di betulla giocano con il vento e al contempo
si struggono in una crudele fiamma rugginosa.
La lava uccide e serba, il cuore batte e viene colpito,
c’era la guerra, la guerra non c’era,
gli ebrei sono morti, vivono gli ebrei, le città bruciarono,
le città rimangono, l’amore avvizzisce, il bacio è eterno,
le ali dello sparviero devono essere brune,
tu sei sempre con me, anche se non ci siamo più,
le navi affondano, la sabbia canta e le nuvole
vagano come veli nuziali sfilacciati.

Tutto è perduto. Tanto incanto. I colli
reggono cauti lunghi stendardi boscosi,
il muschio sale sul campanile di pietra della chiesa
e con labbra minute timidamente loda il Settentrione.
Al crepuscolo i gelsomini brillano come lampade
folli stordite dalla propria luce.
Nel museo davanti a una tela scura
si stringono pupille feline. Tutto è finito.
I cavalieri galoppano su cavalli neri, il tiranno scrive
una sgrammaticata condanna a morte.
La giovinezza si dissolve nell'arco
di un giorno, i volti delle fanciulle si fanno
medaglioni, la disperazione volge in estasi
e i duri frutti delle stelle crescono nel cielo
come grappoli d’uva e la bellezza dura, tremula, immota
e Dio c’è e muore, la notte torna a noi

sul fare della sera, e l’alba è brizzolata di rugiada.

Adam Zagajewski
Dalla vita degli oggetti 
a cura di Krystyna Jaworska
Adelphi 2012



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