mercoledì 18 novembre 2015

i vetri chiari delle finestre che mi proteggevano, ma non mi separavano dalla triste giornata di novembre

Un romanziere, riflettiamo, per forza deve costruire la sua struttura a partire da dei materiali assai deperibili che all'inizio conferiscono realtà alla struttura, ma alla fine l’appesantiscono di robaccia. Appena riapriamo un’altra volta ancora Jane Eyre, non riusciamo a soffocare il sospetto che troveremo antiquato, vittoriano e obsoleto il mondo della sua immaginazione, esattamente come la canonica nella brughiera, un posto frequentato soltanto dai curiosi, custodito soltanto dai devoti. Apriamo dunque Jane Eyre e basteranno due pagine a scacciare ogni sospetto.
«A destra mi impedivano la vista i panneggi di tende scarlatte, a sinistra c’erano i vetri chiari delle finestre che mi proteggevano, ma non mi separavano dalla triste giornata di novembre. A intervalli, mentre sfogliavo le pagine del libro, mi fermavo a guardare l’aspetto di quel pomeriggio invernale. Lontano, si offriva un pallido vuoto di nuvole e nebbia; vicino, uno scenario di prati umidi e cespugli battuti dalla tempesta, con la pioggia incessante selvaggiamente trasportata da una lunga, lamentevole raffica».

Non c’è niente qui che sia più deperibile della brughiera, o più soggetto alla moda della «lunga, lamentevole raffica». Né di breve durata l’intensità. Prorompe da tutto il volume, senza darci il tempo di pensare, senza farci alzare gli occhi dalla pagina. Tanto intensa è la nostra immersione che se qualcuno si muove nella stanza in cui stiamo il movimento sembra aver luogo non qui, ma nello Yorkshire. La scrittrice ci tiene per mano, ci forza al suo percorso, ci fa vedere ciò che vede lei, non ci lascia neppure per un momento, non ci permette di dimenticarci di lei. Alla fine ci ritroviamo totalmente imbevuti del genio, della veemenza, dell’indignazione di Charlotte Brontë. Nel frattempo facce notevoli, figure dal forte profilo e dal tratto aspro ci sono balenate davanti, ma è con i suoi occhi che le abbiamo viste. Una volta scomparsa lei, le cerchiamo invano. Pensate a Rochester e sarà attraverso Jane Eyre. Pensate alla brughiera ed ecco di nuovo Jane Eyre. Pensate al salotto perfino, ai «tappeti bianchi su cui sembravano poggiare brillanti ghirlande di fiori», al «caminetto in pallido marmo pario» col suo vaso di cristallo di Boemia «rosso rubino» e «alla mescolanza in genere di neve e di fuoco» – che cos'è tutto ciò, se non Jane Eyre?

tratto da «Jane Eyre and Wuthering Heights», The Common Reader: First Series, The Hogarth Press, London 1925

Virginia Woolf
Voltando pagina
Saggi 1904-1941
a cura di Liliana Rampello
Il Saggiatore 2011

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