lunedì 23 novembre 2015

era tutta un manoscritto, parole, anima, alberi di betulla, poesie, lettere

Appoggiava la fronte su una mano cacciando le dita tra i capelli e si concentrava all’istante. Diventava cieca e sorda a tutto ciò che non fosse il manoscritto, in cui letteralmente si conficcava con la punta della penna e l’acume del pensiero”. Ogni tanto si accendeva una sigaretta e beveva un sorso di caffè. Parlottava per sentire come suonavano le parole, restava seduta al tavolo, come inchiodata, qualunque cosa accadesse intorno a lei, e ricopiava i manoscritti da mandare in tipografia in stampatello. “Ogni manoscritto è indifeso. E io sono tutta – un manoscritto”, scrive nella seconda raccolta di lettere pubblicata da Adelphi, Deserti luoghi.

Cvetaeva era tutta un manoscritto, parole, anima, alberi di betulla, poesie, lettere, e il resto dell’esistenza, la vita dei giorni, le sfuggiva di mano, la faceva sentire “una miserabile, piccola sartina che non farà mai niente di bello, che sa solamente far guasti e ferirsi e che, lasciando là tutto: forbici, pezze, rocchetti – si mette a cantare. Davanti a una finestra dove piove per sempre”. Così, mentre gli altri stanno in vacanza, si divertono, si riposano dopo un lavoro che forse non amano, o non amano abbastanza, o comunque non amano più della vita stessa, Marina soffre: “La mia vacanza è proprio il mio lavoro. Quando non scrivo sono semplicemente infelice, e nessun mare può darmi sollievo”.


Un bellissimo ritratto di Marina Cvetaeva scritto da Annalena Benini
tratto dal blog minimaemoralia

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