Sono andato a stare per sei mesi in una capanna siberiana, sulla sponda del lago Bajkal, all'estrema punta del capo dei cedri del Nord. Il primo villaggio è a centoventi chilometri di distanza, non ci sono vicini, nessuna strada di accesso. Di tanto in tanto una visita. D'inverno temperature di meno trenta gradi, d'estate gli orsi in riva al lago. Insomma, un paradiso.
Mi sono portato libri, sigari e vodka. Il resto - spazio, silenzio e solitudine - c'era già. In quel deserto ho inventato per me stesso una vita sobria e bella. Ho vissuto un'esistenza che ruotava intorno a gesti semplici. Ho assistito al trascorrere dei giorni guardando il lago e la foresta, ho tagliato legna, pescato per mangiare, ho letto molto, camminato in montagna e bevuto vodka di fronte alla finestra. La capanna era un posto di osservazione ideale per cogliere i fremiti della natura.
Ho conosciuto l'inverno e la primavera, la felicità e la disperazione e, in ultimo, la pace.
Nella taiga ho subito una metamorfosi. Nell'immobilità ho ritrovato qualcosa che il viaggiare non mi dava più. Il genio del luogo mi ha aiutato a addomesticare il tempo. Il mio eremitaggio è diventato il laboratorio di queste trasformazioni. Ogni giorno ho annotato i miei pensieri su un quaderno. Adesso quel diario è nelle vostre mani.
S.T.
Sylvain Tesson
Nelle foreste siberiane
traduzione di Roberta Ferrara
Sellerio 2012
2 commenti:
Questo post mi ha trascinato nella lettura del libro di Sylvain Tesson. L'ho fatto da poco ed è stata un'esperienza provvidenziale.
Il libro giusto al momento giusto: una frase fatta ma, in questo caso, vera.
Grazie per avermelo fatto incontrare.
Sandro
Mi fa davvero piacere!
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