martedì 17 marzo 2015

Con questo inchiostro delle cose infinite

La nube dei semi

Le mie poesie, lo so, saranno erranti,
come me, da vivo
e avranno volto, il certificato 
di nascita, la levigata,
avventurosa gioventù
dei miei giorni felici.
E vivranno nella polvere, o fra
i cereali, che la mia gente coltiva,
nel cesto di nocciole, o con il pane
ardente e fresco. Accompagneranno
i solitari nella bisaccia
delle aurore, andranno con quelli
che si amano. Sudate
al lavoro, con il fabbro,
nel riposo della fabbrica,
o con la ragazza stesa
sull'erba, in mezzo
ai cinnamomi. Voglio
le mie poesie, insieme 
a coloro che soffrono o tentano
di respirare la nuova vita
dell'uomo. Che siano sale
e non saranno calpestate.
Salvo se vitigni fossero,
uva nel torchio dei paesi.
Ma non voglio frontiere o pedaggi,
per il loro ingresso, fra
coloro che vivono. E portate
dallo spirito, liberate
siano nella parola.
E persino di me, che le ho rese
in scrittura. Poiché si sono
scritte con questo inchiostro
delle cose infinite.
E non entreranno nelle tiepide
biblioteche, se non saranno
vagliate con l'ardore
di chi le legga nel sentiero
segreto della scintilla,
o del pesce nell'acqua.
E parlino della mia intimità
con la nuvola dei semi.
E che mi sopravvivano.

Carlos Nejar
a cura di Vera Lucia de Oliveira 
dal sito della rivista Fili d'Aquilone


A nuvem das sementes

Os meus poemas, sei, serão errantes,
como fui, quando vivo
e terão rosto, a matrícula
de nascimento, a lisa,
aventurosa juventude
dos meus dias felizes.
E seguirão no pó, ou entre
os cereais, que meu povo cultiva,
no cesto de avelas, ou com o pão
ardente e fresco. Acompanharão
os solitários na sacola
de auroras, irão com os
que se amam. Porejantes
no trabalho, com o ferreiro,
no descanso da fábrica,
ou com a moça espojada
sobre a grama, por entre
os cinamomos. Quero
os meus poemas, junto
aos que sofrem ou tentam
respirar a nova vida
do homem. E sejam sal
e não serão pisados.
Salvo se em parreiras forem,
uvas no lagar dos países.
Mas não quero divisas ou pedágios,
para a sua entrada, entre
os que vivem. E levados
pelo espírito, libertos
sejam na palavra.
E até de mim, que os trouxe
para a escrita. Pois foram
se escrevendo com esta tinta
das coisas infinitas.
E não cabem nas tíbias
bibliotecas, se não forem
trilhados com ardor
de quem os leia na vereda
secreta da centelha,
ou do peixe na água.
E falem da minha intimidade
com a nuvem das sementes.
E que me sobrevivam.

Da Os Viventes (1979).

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