sabato 13 dicembre 2014

Scrivere poesia è come accendere i lampioni a gas

«Quando mi siedo davanti al computer, mi coglie la disperazione!» è una cosa molto letteraria da dire. 
«Quando mi siedo davanti al computer mi sento inutile» è secondo me, un'affermazione un po' più vicina alla verità. Perché ci sono poche cose che possano far sentire più ridicoli, in questo anno del Signore 2011, del sedersi a un tavolino a scrivere un romanzo. No, in realtà eccone una: sedersi a tavolino a scrivere una poesia. 
Il ruolo dello scrittore è diventato assurdo. Forse i lettori non se ne sono ancora accorti, ma gli scrittori lo avvertono intensamente. Conosco un poeta che, se gli chiedi cosa fa nella vita, risponde «L'avvocato» anche se non lavora come avvocato da più di dieci anni. Gli sembra che starsene in una stanza di Londra, nel 2011, e dire «Faccio il poeta» sia come dire «Accendo i lampioni a gas»
 o «Sono il banditore del villaggio».

Zadie Smith
Perché scrivere
lectio magistralis tenuta Firenze il 15 2011 in occasione della quinta edizione del Premio Gregor Von Rezzori
traduzione di Marina Astrologo e Martina Testa
minimum fax 2011

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