C’era stata la faticosa scoperta
di bestie feroci dentro la luce.
Della crudeltà segreta di un raggio di sole
conoscevo tutti i sintomi, ormai,
e riuscivo a difendermi, mi ero fatta prudente,
dunque mi si era avvicinata la notte.
Come vecchia che vive sui monti,
dissodatrice di terre sassose, esperta dell’orto,
maestra nel far da mangiare con poco,
lavorava, non faceva parola, non voleva nulla.
Finita la sua giornata lasciava lì tutto,
abbandonava l’esito al sole.
La mattina aprivo le finestre
su pertiche di terreno soffice, ricco di nutrienti.
Più ancora vale la notte perché cancella le cose,
e ciò che di te rimane senza più luce,
come radici che crescono dentro il terreno,
come l’ispessirsi della corteccia negli alberi,
si nutre di notte, ingrassa,
ti rende più forte: metallo che vale
non teme ribassi perché non dipende da te.
Lo sai che la mente che viaggia da sola è l’arpia più crudele,
non vede né ombra né sole,
un gallo cieco che canta a tutte le ore del giorno.
E senza difese, con sempre più gioia,
abbracciavo la notte. Crescevo.
Mille qualità nasconde la notte
e una di queste è il silenzio.
È semplice e onesto: ovunque cominci
va sempre in un senso, l’altezza.
Ma il buio gira attorno, si inclina,
si allarga, pesa e nasconde.
E non dimori più nella certezza del tuo profilo,
davanti a te l’arpia del buio
ti mangia lo spazio tranquillo del sonno
che unisce il corpo alla mente, la placa.
girevole il buio è ruotato
sei finita in un’altra delle sue stanze,
senza vecchie. E vengono sempre più avanti.
Quella notte non era già verso l’alba,
non presero il via i canti degli uccelli,
piuttosto, con fredda lentezza, scavavano dentro di te.
Scavavano adagio, con ordine,
e non si turbava il silenzio,
in fondo, non senti nemmeno dolore
e fresche e profumate rimangono le lenzuola,
la nuca si appoggia nel sonno.
Il corpo rimane tranquillo: risponde a un’atavica vita
che tu non puoi in alcun modo soccorrere.
Da solo ci riesce, resiste,
e spunta gli artigli anche al buio.
Ma tu resti inerme, svuotata da unghie, da becchi,
e dentro le tenebre aspetti.
In tutte le notti esiste un’estate,
esiste un inverno, vi sfrecciano raggi incidenti,
si allunga la meridiana del corpo
che sente il girarsi del buio
e scivola non si sa dove,
non è salvata dal muro.
E quando la notte incide la terra
con raggi che piovono dritti dall'alto,
c’è un moto aggressivo del buio,
un sovrappiù di energia si scarica sui teneri corpi nel sonno.
Così succede alle cose
che quando arrivano al culmine si fanno crudeli.
Il corpo fa come la terra: assorbe e riposa
e nel suo riposo lavora, ripara lo scempio dei becchi.
E dentro le tenebre aspetti.
Crana, luglio 2007
Annalisa Manstretta
Il sole visto di lato
Atì editore 2012
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