lunedì 11 novembre 2013

La vera letteratura secondo André Aciman


Quali altri scrittori l'hanno influenzata?
«A parte Marcel Proust e Jane Austen, l'autore che ha plasmato la mia scrittura è Dostoevskij. Adoro la sua capacità di penetrare l'animo umano fin dal primo sguardo, come avviene ne L'idiota, dove i personaggi si analizzano costantemente a vicenda. Henry James, che pure amo, non è mai stato capace di arrivare a tanto. Il mio scrittore preferito è però Tucidide
La Guerra del Peloponneso è il libro che prediligo in assoluto, perché al centro dell'opera non vi è soltanto una tragedia storica, ma anche le sue motivazioni umane. Non mi piace invece Tolstoj, perché penso sia superficiale».

Che cosa pensa degli scrittori contemporanei?
«La vera letteratura si è fermata a Max Sebald e al suo Austerlitz, il libro
più autorevole degli ultimi 40 anni. Il resto ? la generazione dei Safran Foer, Jonathan Franzen, Toni Morrison, Jonathan Lethem, persino Orhan Pamuk non è degno di menzione, incluso Philip Roth, con le sue opere futili e dal linguaggio poco ricercato. In questo mi sento in perfetta sintonia col brillante ed esigentissimo Harold Bloom: anch'io non tollero l'idiozia e m'interesso soltanto all'eccellenza». 

Perché un giudizio così severo?
«Oggi non esistono più scrittori, soltanto prosatori incapaci di raggiungere, come si faceva un tempo, il livello aulico della poesia. Le opere contemporanee non insegnano più nulla ai lettori. Sembrano tutte reportage di cronaca, oppure sceneggiature di film. Neppure i cosiddetti grandi si salvano. Penso a Ernest Hemingway: un pessimo scrittore che ha rovinato intere generazioni di giovani autori, convinti che il suo stile fosse da imitare».

Quali autori allora consiglia ai suoi studenti della City University di New York? 
«Stendhal, Dostoevskij e Flaubert: maestri delle lettere che, a differenza dei contemporanei, erano tutti eruditi. Oppure i due grandi della letteratura italiana del XX secolo: Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Italo Svevo. 
Il Gattopardo è un capolavoro, anche se all'inizio fu bocciato da Elio Vittorini, un altro scrittore che amo molto. I primi romanzi di Svevo non sono in realtà molto interessanti, a parte Una Vita e Senilità. La coscienza di Zeno è
un bellissimo libro, ma più francese che italiano. E poi Cesare Pavese: preferisco La bella estate a La luna e i falò. Anche Gli indifferenti di Alberto Moravia è uno splendido romanzo, ma lui come scrittore non è abbastanza complesso».

frammenti dell'intervista di Alessandra Farkas a André Aciman
Corriere della Sera 10 agosto 2013

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