giovedì 21 novembre 2013

Autunno, fuoco piovoso, vecchio fuoco, rogo

     Autunno, fuoco piovoso, vecchio fuoco, rogo. Rottami, legno e nebbie. Ruggine, cenere. Alba di cenere, consumata, festa finita, ornamenti strappati, fradici. Nebbie armate, in cammino su campi e giardini. Il vomere del freddo si avvicina e scintilla. L’ombra in piedi dietro ara.

     ... Eppure ho rivisto i campi, gli alberi, le valli come furono sempre in questa stagione quando una bella giornata s’instaura fra giorni e giorni di pioggia o di vento. Ho ritrovato la debole luce dell’autunno sul tronco delle querce, e quella sorta di ronzio dorato sotto le loro foglie, rette da queste forti braccia o colonne storte nere; così i pioppi gialli e immobili lungo un’acqua invisibile, così le curve della terra che quasi nulla vela; e le lastre di roccia fra gli alberi bassi, i cespugli di spine dove si mescolano il verde tenebra e il rosso; e le terre arate scintillanti; dei piccioni si alzano in volo con un rumore di mani battute o di bucato al vento, e ce ne sono due più bianchi degli altri che inscrivono nell’azzurro del cielo la linea pura del loro volo. Poi il sole è appena velato dalle nuvole dell’orizzonte che tutto diventa quasi buio e il freddo scorre come una falce sull’intero paesaggio. Salgono di quando in quando dei fumi.

     Parlare con questo vuoto al cuore, contro di lui, Germogli di acacia sul bianco quasi blu del cielo. Forse limitarsi solo a questo: a essere colui che brucia foglie morte, che estirpa erbe cattive.
     Questi germogli con le loro ultime foglie pallide, sottili. Inverno incipiente.

Novembre 
(primo frammento)

Que­sta prosa poetica di Phi­lippe Jac­cot­tet, con tra­du­zione di Anto­nella Anedda è tratta dal volume
I Poeti della malin­co­nia
a cura di Bian­ca­ma­ria Frabotta
Don­zelli 2001


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