domenica 19 aprile 2015

il fruscio del castagno, le cui fronde verdi potevano ospitare tutto: nidi, gemme, utopie, scoiattoli, sogni

Era felice d'essere lì, all'insaputa di tutti. Sentiva i cigolii intermittenti della sega e i tonfi della legna, subito raccolta dalle mani di Peter. E il cinguettio delle rondini. E il fruscio del castagno, le cui fronde verdi potevano ospitare tutto: nidi, gemme, utopie, scoiattoli sogni. Già, i sogni. Uscire fuori da lì. Pedalare via in bicicletta, Peter e lei. Correre per strada, mano nella mano, indossando abiti fragranti, mangiar pasticcini. Pattinare leggeri in mezzo a ragazzi alati, con le sciarpe al vento, coi berretti multicolori... Poiché l'attesa si prolungava, fu colta da una tale voglia di vivere che accostò una sedia al muro, vi mise sopra un panchetto e montò leggera su quella torre in pericolo. Stava violando un divieto. Tuttavia allungò il collo fino ad afferrare, in una sola occhiata, tetti, fronde, camini, facciate, finestre, altane, formicolio di passanti, cielo senza neanche una nube. 'Amsterdam!' gridò a labbra chiuse. Si teneva in bilico, abbacinata, stringendo con la mano i capelli sulla nuca perché non traboccassero fuori. 'Finché questo c'è ancora e io posso godere questo cielo senza nuvole non ho il diritto di essere infelice'. Qualcosa di luminoso si levo più volte e ricadde all'orizzonte, come in uno spruzzo d'acque. Pensò: 'Aquiloni'. E subito accompagnò quel volo con tre parole: natura, felicità interiore, bellezza. Cauta, con quei tre concetti, dovette discendere, ma li teneva stretti. Sedette di nuovo per terra, con la fronte appoggiata alle ginocchia. Era calma. Una pienezza mai provata le faceva guardare le mattonelle spaccate, come se non le vedesse. Le fessure sporche fra l'una e l'altra. Gli insetti morti. Ora un ragnetto da una fessura risalì obliquo, le arrancò su per il piede. Lei lo lasciò fare. Non era più turbata da nulla: solo emozioni vaste che si stendevano su di lei, come certezze. E d'un tratto qualcosa di alto e fulmineo: un'intuizione. Ne fu attraversata come da un fremito, ma poiché aveva fianchi magri e spallucce strette, l'intuizione traboccò, formando una pozza di luce per terra. lei si specchiò in quella pozza. 'Dio' disse con tutta se stessa. Esisteva. L'amava. Faceva tutt'uno con lei, con Amsterdam, con l'umanità, con tutte le infinite possibilità di vivere e morire che le stavano attorno. Pensò fra sé indicibilmente: 'Dio vuol vedere gli uomini felici'. E poco dopo, nel diario,: "Tutto è come deve essere".

Grazia Livi
Le lettere del mio nome
Anna Frank. La confidente
La Tartaruga edizioni 1991 

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