mercoledì 25 giugno 2014

Scrivere è cercare l'istante in cui le parole appaiono, luminose e distinte

Una notte, una delle tante notti in cui giacque nel letto sputando sangue,
febbricitante e senza fiato, Robert Louis Stevensonaveva allora 38 anni, sognò una terrificante tonalità di marrone. Fin dalla sua prima infanzia, Stevenson aveva definito i suoi frequenti terrori notturni come «le visite dell’Arpia della Notte», che solo la voce della sua bambinaia poteva calmare con fiabe e canti scozzesi. Le apparizioni dell’Arpia della Notte, tuttavia, continuarono a ripetersi, e Stevenson scoprì che poteva trarle a suo vantaggio esorcizzandole con le parole. L’orrendo colore marrone del suo incubo si trasformò dunque in un racconto. E fu così, ci dice, che nacque la storia del Dr. Jekyll e del signor Hyde.
(...)
Dante, riconoscendosi colpevole del peccato di superbia, implora prima le muse e poi Apollo di ispirarlo, ma sebbene ponga queste invocazioni all’inizio del Purgatorio e del Paradiso, il lettore sente che si tratta di riflessioni successive, che i primi barlumi di quel viaggio prodigioso vengono da qualcosa
di meno elevato e di molto più banale, forse dal primo giorno in cui si rese conto che non avrebbe mai più rivisto la sua amata Firenze, forse dal primo momento in cui mandò papa Bonifacio all'inferno. Gli scrittori si stupiscono quanto i loro lettori dell’esistenza di creazioni letterarie di successo.
La storia del cavaliere errante in cerca di giustizia venne in mente a
Cervantes, come egli racconta, mentre l’autore languiva ingiustamente
in prigione; il racconto delle tragiche conseguenze, per Madame Bovary, del sogno di una vita diversa fu ispirato a Flaubertsi dice, dalla lettura di un articolo di giornale. Bradbury spiega che i primi indizi dello spaventoso mondo di Fahrenheit 451 si affacciarono nella sua mente nei primi anni Cinquanta, dopo aver visto una coppia camminare mano nella mano su un marciapiede di Los Angeles, ciascuno intento ad ascoltare la sua radiolina con l’auricolare.
(...)
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il momento della creazione letteraria ci è sconosciuto quanto quello dell’universo. Siamo in grado di studiare ogni istante dopo il Big Bang perché possiamo leggere (gli scrittori una volta le conservavano) ogni stesura di un libro come A la recherche du temps perdu o le varie versioni dell’Amletoma il momento della nascita della maggior parte dei nostri libri più amati è ancor più misterioso.
Possiamo venire a sapere ciò che un autore ci dice sulle circostanze che circondano l’atto della creazione, che libri ha letto, quali fossero le minuzie quotidiane della sua vita, il suo stato di salute, il colore dei suoi sogni. Tutto,
tranne l’istante in cui le parole apparvero, luminose e distinte, nella mente del poeta, e la sua mano cominciò a scrivere: «Nel mezzo del cammin di nostra vita...»

Alberto Manguel
frammenti dell'articolo 
Il grande mistero. Dai sogni di Stevenson ai giornali di Flaubert
Repubblica domenica 22 giugno 2014

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