martedì 14 gennaio 2014

Si immagina sempre, anche il reale

Quanto è impor­tante per lei l’immaginazione?
 L’immaginazione è una cosa che viene fuori sem­pre e comun­que men­tre scrivi, si mate­ria­lizza ogni volta che cer­chi di descri­vere qual­cosa. Anche se quel qual­cosa è real­mente acca­duto. Se vuoi rac­con­tare una sto­ria sei costretto a imma­gi­narla, per certi versi inven­tarla. Nabo­kov a un certo punto disse che scri­vere Lolita lo costrin­geva a inven­tare l’America. L’America era già stata inven­tata, certo, e lui l’ha solo descritta, ma l’ha fatto in un modo che solo lui avrebbe potuto fare. E scri­vere è esat­ta­mente que­sto: inven­tare qual­cosa che c’è sem­pre stato, ma che non era mai stato rac­con­tato in quel modo. Nabo­kov l’ha fatto con l’America, Char­les Dic­kens con Londra”.

Lei con Bad Beha­vior voleva inven­tare New York?
 No, quando ho scritto quei rac­conti non era alla città che pen­savo, ma alle per­sone. Certe per­sone in par­ti­co­lare, in momenti pre­cisi delle loro vite. Anche se poi, scri­vendo, New York è venuta fuori comunque”.

Parte sem­pre dai per­so­naggi quando scrive una storia?
 Sì, per me sono e restano la cosa più importante”.

E sa sem­pre dall’inizio se la sto­ria che sta per scri­vere sarà un rac­conto o un romanzo?
 Sì, anche se per Vero­nica c’è stato un momento in cui non ero più sicura di cosa fosse. Ma è durato poco. Non sapevo se la sto­ria avrebbe retto nel lungo periodo”.

E che cosa ha fatto?
 Con­ti­nuando a scri­vere, ho capito che non poteva che essere un romanzo”.

frammenti dell'intervista a Mary Gaitskill di Tiziana Lo Porto
D di Repubblica 16 giugno 2012

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