martedì 28 gennaio 2014

Se hai il blocco della scrittura scrivi una biografia

La biografia è il racconto di una vita altrui, che ha valore per la bizzarria, il fascino, il significato storico o culturale. La vita altrui dovrebbe stare là, e tu dovresti stare qua. La distanza è data dall’analisi critica. Se sei uno storico, la regola funziona. Ma con uno scrittore non va mai a finire così. Il soggetto della biografia diventa personaggio di romanzo. Urta, sollecita, spreme e rende ambigue le coscienze. E lo scrittore non sta più lontano, chiuso in astratte disquisizioni, ma è dentro il mare dell’esistenza altrui, naviga a vista tra fascino e paura.
Emmanuel Carrère è uno scrittore di biografìe: Jean-Claude Romand, il bugiardo compulsivo che assassina moglie figli e genitore, Philip Dick lo
scrittore di fantascienza, e Eduard Limonov esule, poeta, carcerato e politico. Ma le biografìe si intrecciano incessantemente con la vita dell’autore, creando, in un certo senso, una propria an-ti-biografìa. Quasi che attraverso le vite degli altri si possa raccontare la propria, vista nelle sue zone di limite. Chi decide lo stato di eccezione? Questa era la domanda che si poneva Schmitt ragionando sul potere, e che poi ha definito la figura dell’homo sacer di Giorgio Agamben. Qual è quindi il nostro stato di eccezione, quale il confine fra normalità e follia? Cosa una vita altrui ci può dire sulle semplici cose della nostra vita: fare figli, andare a prenderli a scuola, scrivere un libro o intraprendere un viaggio. Perché la presenza altrui può essere così inquietante, e come si affronta la perturbazione personale con la scrittura? Nella sua opera, Carrère risponde con uno stile lucido a questi interrogativi. Spietatamente lucido, verrebbe da dire.

Molti scrittori in erba si chiedono come si sceglie un personaggio. Lei
come sceglie un soggetto a cui valga la pena dedicare una biografia?

Non ho un solo modo. Ogni volta uso un metodo diverso. Per quello che riguarda Romand, quando avevo letto i primi articoli sul fatto, la sua storia mi aveva appassionato, come penso avesse appassionato molta gente. Da qui è cominciato un processo molto lungo e molto complicato.
Per Limonov è diverso. Avevo scritto un reportage lunghissimo su di lui, e avevo l’impressione che ci fosse ancora molto altro da scrivere.
C’era un mélange che mi pareva eccitante fra romanzo di avventura e
libro di storia. Ma in fondo, in nessuno dei due casi ho mai pensato in termini di biografia. L’ho fatto una volta quando avevo scritto il libro su Philip Dick. Ero in un periodo in cui non riuscivo più a scrivere e mi ricordo che il mio agente mi aveva detto che quando un autore ha il blocco, deve scrivere una biografia.

incipit della conversazione di Alberto Garlini con Emmanuel Carrère
prima delle Lezioni di scrittura sul Fatto quotidiano del 2 dicembre 2013

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