domenica 5 gennaio 2014

Per amore della letteratura

(...)
Io, che seleziono aspiranti studiosi di letterature e lingue moderne, baso il colloquio sull'analisi di un brano letterario, scritto originalmente in inglese, non più lungo di una trentina di righe, sul quale il candidato è invitato a riflettere nel corso della mezz'ora che precede l'interview, nella quiete della sua stanza o della biblioteca. Sondo le abilità logiche, deduttive e induttive; la capacità di figurarsi un contesto, ovvero di tradurre in indizi pensieri e descrizioni e di spremere informazioni dagli indizi; la capacità di concettualizzare e di definire; la prontezza nel rispondere; la proprietà linguistica; la concisione; l'eleganza delle frasi; il contegno di fronte alle difficoltà e all'inatteso.
In passato tendevo ad assegnare brani linguisticamente e narrativamente ardui. Henry James o Ruskin funzionavano alla perfezione. Chi li aveva mai sentiti quei latinismi, quella sintassi, quei discorsi arzigogolati e vaghi? Poi ho constatato che brani meno difficoltosi sul piano letterario potevano aiutarmi a stabilire ancor meglio e ancor più certamente quanto il candidato fosse percettivo e profondo e istruito, proprio perché non ostacolato dall'oscurità del vocabolario o dalla patina arcaizzante. Quest'anno mi sono deciso per una pagina di The Hare with Amber Eyes, un libro recente di grande successo, molto ben scritto, molto chiaro, tutt'altro che ingenuo nello stile, di Edmund de Waal; un libro che, mischiando fatti privati agli eventi della grande storia, racconta le vicissitudini di una collezione di netsuke (quelle miniature scultoree con cui si ferma la cintura del kimono), avventurosamente scampata alla dispersione, a differenza dei suoi proprietari (la versione italiana di Carlo Prosperi è uscita nel 2011 per i tipi di Bollati Boringhieri con il titolo Un'eredità di ambra e avorio). Il passo parlava di incertezza del futuro, di perdita, di nostalgia; del senso degli oggetti; di eredità... Non era facile capire per quali ragioni precise. Nelle righe estrapolate non si trovava cenno esplicito alle persecuzioni degli ebrei né al momento storico. Bisognava davvero impegnarsi in un esercizio non comune di induzione, perfino di speculazione, e motivarlo: costruire un ponte e guardare giù, nel vuoto. Pochi ci sono riusciti...

Nicola Gardini
frammento dell'articolo Ammessi all'eccellenza pubblica  
pubblicato sul Domenicale - Il Sole 24ore del 5 gennaio 2014

Nessun commento: