Sui
vetri appannati dal freddo passavano ombre confuse. Nel cielo, oltre le case,
salivano fuochi
d’artificio.
Quando le lancette degli orologi raggiunsero le dodici, da uno dei letti vicino
alla
finestra
venne una breve risata infelice.
È
scesa una notte orientale, si è incollata sui tetti.
Di
colpo come nei presepi
da
una fessura del cielo è precipitata la neve.
Davanti
alla sponda del letto sfilavano silenziose le renne
contro
il legno degli armadi ardevano i fuochi dei lapponi
fuori
crepitavano rami e bottiglie
bruciavano
alberi di natale:
legno
e vetro, segreto scintillio di carte.
È
arrivato il Capodanno.
Noi
abbiamo vegliato senza fatica, semplicemente
La
luna spezzava le travi, l’ombra di una calza velava il cortile,
ogni
lume era spento.
Gennaio
lascia nelle isole
gusci
di riccio sugli scogli
e
tesa luce sulle secche invernali.
Come
una desolata corona di pietra
in
un naufragio polare
lastre
di granito e chiuse lapidi
nell’acqua
e in terra
oltre
il promontorio della Trinità
dentro
il recinto del cimitero.
Vi
chiedo coraggio: sognate con la dignità degli esuli
e
non con il rancore dei malati
cancellando
la visione dei muri e della neve
trasformando
l’ombra sporca dei fiocchi e la sagoma scura dei gabbiani
con
l’animo teso dei marinai
che
ammutoliscono al sollevarsi dell’onda
e
pregano
raccolti
nel cesto del vento.
Un
filo d’acqua scende nel lavabo
Il
ghiaccio riga le finestre
ed
è difficile pensare al soffio marino
e
l’urtare dei carrelli
e
il fischio di sirena mattutino
non
contemplano nessun eroismo.
Eppure,
distesi sulla misteriosa rotta dei letti
noi
siamo nello stesso splendore
della
marea che si placa
vicinissimi
al nodo che l’acqua finalmente distende.
La
nave salpa e cammina
ed è un quieto santuario.
Antonella Anedda
Residenze invernali
Crocetti editore 1992
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