venerdì 24 ottobre 2014

Tutte le nuvole non sono più alte di noi

La Cordillera de los Andes


La prima impressione è terribile, vicina alla disperazione.
Anzitutto scompare l’orizzonte. Le nuvole,
non sono più alte di noi tutte le nuvole.
Noi siamo dove
all'infinito, senza mutamento,
sono gli alti pianori delle Ande
che si stendono, si stendono, si stendono.
È un suolo nero, senza gioia.
È un suolo venuto da sotto,
senza piante.
È una terra vulcanica.
È un suolo nudo! con sopra le case nere
che nulla tolgono alla sua nudità:
è un nudo nero di cose cattive.
Chi non ama le nuvole
non venga all'Ecuador.
Sono i cani fedeli delle montagne,
fedeli e grandi cani: alta
corona dell’orizzonte.
Siamo a tremila metri, si dice,
a un’altezza pericolosa per il cuore, si dice,
per la respirazione, per lo stomaco,
e per tutto quanto il corpo del forestiero.
Brachicefali, tarchiati, a passi brevi,
affardellati incredibilmente gli Indiani
si muovono in questa città che si aggrappa
a un cratere di nuvole, di nuvole.
Dove andrà questo curvo pellegrinaggio?
S’incrocia, torna a incrociarsi, sale: e
nient’altro, la vita di tutti i giorni.
Quito e le sue montagne.
Gli piombano addosso, stupiscono, si trattengono,
si ritirano: e poi eccole lastricate.
Quassù si fuma l’oppio d’alta montagna,
voce bassa, passi brevi, soffio corto,
scarsi i litigi dei bambini e dei cani,
nessuno, o quasi, che rida. Quassù.
Henry Michaux
tradotto da Luciano Erba 
I miei poeti tradotti 
a cura di Franco Buffoni, Novara, Interlinea, 2014 

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