sabato 16 maggio 2015

Scrivere poesia è parlare a ogni tempesta con voce fiera, vedere ogni città con occhi ardenti

Parla pacatamente

Parla pacatamente: sei più vecchio
di quello che a lungo sei stato; sei più vecchio
di te stesso - e ancora non sai
cosa siano l'assenza, la poesia e l'oro.

Un'acqua bruna ha inondato le vie; una breve tempesta
ha scosso questa piatta città sonnolenta.
Ogni tempesta è un'addio, come se centinaia
di fotografi roteassero su noi, fissando con il flash
attimi di panico e di angoscia.

Sai cos'è il lutto, la disperazione tanto violenta
da soffocare il ritmo del cuore e il futuro.
Hai pianto fa estranei, in un negozio moderno
dove svelto continuava a girare il denaro.

Hai visto Venezia e Siena e, sulle tele come nelle vie, 
tristi giovani madonne che sognavano di essere 
ragazze come tante e ballare a carnevale.

Hai visto anche piccole città, non certo belle, 
gente vecchia, spossata dal tempo e dalla sofferenza.
Nelle icone medioevali brillavano gli occhi
di santi bruni, occhi ardenti di fiere.

Raccoglievi sassolini sulla spiaggia, a la Galère,
e di colpo avvertivi una così grande tenerezza
- per loro e per il pino snello, per coloro
che erano lì con te e per il mare
che è davvero possente, ma molto solo - 

così grande, come se tutti fossero orfani
della stessa casa, separati per sempre
e condannati solo a vedersi per brevi istanti
nelle fredde prigioni del presente.

Parla pacatamente: non sei più giovane,
l'abbagliante incanto deve accordarsi con settimane di digiuno,
devi scegliere, rinunciare, temporeggiare

e parlare a lungo con gli emissari di paesi aridi
e di labbra screpolate, devi aspettare,
scrivere lettere, leggere libri di cinquecento pagine.
Parla pacatamente. Non rinunciare alla poesia.


Adam Zagajewski
Dalla vita degli oggetti 
a cura di Krystyna Jaworska
Adelphi 2012


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